Non più di una sessantina di anni fa, esistevano nella Val Tramontina tre piccoli villaggi abitati da poche persone, le cui famiglie vivevano in quei luoghi da generazioni: Movada, Fleur e Redona Vecchia. Erano paesini piccoli e “fuori dal Mondo”, ma caratteristici e storici, dove la gente viveva di piccole cose e di una routine consolidata. Ma arrivo un giorno in cui, nella Val Tramontina, la storia cambiò.
All’inizio degli anni ’50, il gruppo SAICI (Società Anonima Agricola Industriale per la produzione italiana della Cellulosa)-SNIA e la SADE (Società Adriatica Di Elettricità) costruirono la centrale di Meduno e la diga di Ponte Racli, elementi che portarono modernità nella valle. L’acqua del fiume Meduna, respinta dalla nuova costruzione, inondò una parte della valle fino al lago di Redona, inghiottendo i tre paesini che si trovavano a metà strada tra la diga e il lago. Essi furono sommersi e quindi abbandonati, e di lì a poco i nomi scomparvero dalle carte geografiche. Rimasero solo i ricordi degli abitanti, che pian piano vanno svanendo. Alcuni degli abitanti trovarono nuova dimora a Redona Nuova, più moderna, sorta ai margini del lago; altri approfittarono dei soldi della liquidazione delle vecchie case, spesso comunque sottostimate e sottovalutate, risultando quindi letteralmente “quattro soldi”, si trasferirono in città. Dei vecchi villaggi, rimasero solo i ruderi sommersi.
Ogni tanto, tuttavia, questi fantasmi di pietra riemergono: accade nelle estati torride, nei periodi di secca, che l’acqua si ritiri. Basta lasciare la macchina a Tramonti di Sotto e percorrere qualche sentiero per arrivare alla vallata ed assistere allo spettacolo incredibile, affascinante quanto inquietante, dei ruderi che riemergono dall’acqua. Nonostante siano trascorsi decenni, e nonostante la forza impetuosa del Meduna, sembra che nemmeno l’acqua possa cancellare la storia della minuscola comunità.
La loro storia, e in particolare di Movada, viene portata avanti dalla famiglia Miniutti, originaria del posto, e in particolare di Giacomo Miniutti, che, basandosi sui racconti dei nonni e non solo, ha scritto il libro “Guardaci nel Peggio“, il quale raccoglie frammenti della storia di quei luoghi e delle loro genti, che nonostante tutto dopo molti anni ancora rimangono legati alle loro origini.
Mi chiamo Giulio Pellis, nato a Pordenone il 3 giugno 1994, mi sono diplomato al liceo classico e oggi studio economia all’ università di Udine. Sono attivo nell‘ambito dell‘attivismo politico a livello regionale, mi piacerebbe molto diventare giornalista e con la scusa del lavoro girare il mondo in lungo e in largo.