Nel suo nuovo romanzo, “La Repubblica dei matti”, John Foot ricostruisce l’odissea che ha portato alla chiusura dei manicomi in Italia, intrecciandola al ritratto del dott.Franco Basaglia fornito durante l’incontro dallo psichiatra Domenico Casagrande.

Ad aprire l’incontro è Marcello Flores, docente universitario di storia comparata e dei diritti umani presso Siena, che domanda a Foot come uno storico sociale possa essere stato affascinato dal tema della psichiatria. Ma sarà proprio durante una visita a Trieste in cui si celebra la figura di Basaglia che rimane colpito dall’uomo. Decide pertanto di voler scrivere la storia sociale e culturale di questo movimento, che, in pieno ’68, si unisce alle lotte sociali, operaie e femministe che divampano in quegli anni.

Casagrande, nell’èquipe di Basaglia fin dai tempi di Gorizia, afferma come il movimento da nucleare si sia affermato poi sempre di più a livello globale, toccando paesi quali Inghilterra,  Francia, Brasile, ecc. Lo psichiatra afferma come inizialmente Basaglia fosse titubante all’idea di lavorare in strutture di tale calibro, dove il malato, era sporco, veniva maltrattato e privato della propria personalità (venivano tolti i vestiti, la fede e tagliati i capelli).

Ed è lo stesso Basaglia ad affermare di essere:

psichiatra che vuole cambiare il modo di fare psichiatria

“Il malato non era in ospedale per la sua malattia, ma perché era rifiutato dalla società”. Bisognava in primo luogo rendere coscienti i pazienti; così poteva avvenire un immediato miglioramento.  Ed era questo l’aspetto più bello del movimento basagliano: l’abolizione di se stessi. Niente direttori perché niente manicomi.

La follia non sapevamo cosa fosse, ma non di certo una malattia. E non potevamo chiudere il paziente nel suo mondo.

 

 

 

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