Molte sono le sorprese che può nascondere il Giappone ad un qualsiasi turista europeo alla sua prima visita. L’ordine è quasi maniacale, tutto è pulito alla perfezione e le persone sono o gentili al punto da inchinarsi per minuti o scorbutiche al punto da non degnare di nemmeno uno sguardo un gaijin, uno straniero.
Vincenzo Filosa, fumettista italiano nato nel 1980 a Crotone, spiega a Pordenonelegge cosa si prova a vivere quella sensazione e ricorda il suo primo arrivo nella terra del Sol Levante, a Tokyo. Nel suo libro, “Viaggio a Tokyo”, che prende liberamente spunto da questa sua prima avventura, Filosa analizza tutte le sensazioni che possono essere provate all’arrivo a Tokyo, lo stupore, lo spaesamento di fronte a vedere la grande folla che accalca le strade di Shibuya, uno dei quartieri più dinamici e importanti della città capitale del Giappone, lo stesso quartiere che ha ispirato l Los Angeles di Blade Runner, per poi buttarsi all’interno della cultura giapponese, con una predilezione verso lo stile gekiga, “immagini drammatiche” (contrapposto al più noto manga, “immagini disimpegnate”), un particolare tipo di manga assolutamente privo di comicità, i cui più grandi interpreti sono stati Tsuge Tadao e il fratello di questi, Tsuge Yoshiharu.
La graphic novel scritta da Filosa mette a confronto questi due grandi del gekiga, paragonandoli a due distanti vette inframezzate da un abisso, per far capire quanto queste due realtà fossero diverse. Quello che si propone Filosa con questa sua piccola opera gekiga è di scalare quelle due montagne, in modo da mettersi al pari con questi due grandi autori giapponesi.
Nasce il 21 marzo 1997, a Udine. Frequenta il quarto anno del, suo malgrado, liceo classico, e nutre una grande passione per la letteratura, frutto di un’infanzia passata affianco ai libri, per i motori, per la musica ma soprattutto per il cinema, arte a cui sogna di dedicarsi a tempo pieno in futuro, come regista e sceneggiatore. Disordinato e insicuro ai limiti dell’inaffidabilità, scrive perché è convinto che quest’attività lo aiuti a capire meglio sé stesso e tutto ciò che lo circonda. Non ha alcun motto o frase ricorrente, ma pensa solo a fare del suo meglio con quello che ha.”