Oggi siamo soliti riferirci a Trieste non solo come centro politico e amministrativo della regione Friuli- Venezia Giulia, ma anche, a livello di importanza culturale, come la città di confine e di incontro tra le diverse etnie e tradizioni latine, tedesche e slave. D’altro canto, la sua è la storia di una città marittima e portuale: i cittadini sono soliti ricordare la sua passata grandezza come porto franco all’interno del grande e multietnico Impero austriaco (poi austro-ungarico) con toni spesso di esaltazione a simbolo di grande orgoglio civico. Trieste, sotto questo aspetto, non ha nulla da invidiare alle altre grandi e importanti città italiane.

Quella che invece è meno nota è la sua storia prima delle fortune che la resero così importante, fortune che iniziarono ben dopo gli eventi che sto per raccontarvi. Una domanda va premessa: come e quando Trieste, una città a storica maggioranza e tradizione italiana o latina, è diventata austriaca? In genere non ci si pone il problema pensando che lo fosse sempre stata. Così però non è, poiché a spingere la città giuliana in seno all’Austria fu un terzo protagonista. Per spiegare meglio occorre quindi mettere indietro gli orologi fino alla data fatidica del 1368.

E’ un periodo questo che si preannuncia molto difficile per l’alto Adriatico: Venezia, già vincitrice della Quarta Crociata di 160 anni prima, era in costante lotta per il suo predominio sul mare con i diversi paesi che tentavano di annientarla non solo economicamente ma anche politicamente. Solo dieci anni prima con una gravosa pace, detta la Pace di Zara, la Serenissima aveva posto fine alle ostilità con re Luigi I d’Ungheria per il controllo dell’Adriatico, perdendo buona parte dei suoi possedimenti dalmati. Trieste, all’epoca un Libero Comune retto da un governo episcopale, era in una posizione subalterna rispetto a Venezia, della quale era tributaria ma mai del tutto sottomessa.

Nel 1368 la città giuliana infastidì, inavvertitamente e non poco, la già nervosa Repubblica: una galea veneziana, in servizio di pattugliamento nel Golfo di Venezia, fermò un’imbarcazione triestina sospetta di trasportare merci di contrabbando. Alcuni triestini, che mal sopportavano il dominio veneziano, reagirono in maniera violenta prendendo nottetempo d’assalto la galea e massacrandone l’equipaggio. A nulla valsero le scuse e le promesse della comunità, che pensò persino di sottomettersi in toto a Venezia, proponendosi di punire i colpevoli e di innalzare il vessillo di San Marco come segno di fedeltà.

La Repubblica, ancora sofferente per la perdita della Dalmazia, voleva solo la guerra per riparare l’affronto subìto. Subito Trieste venne presa d’assedio: se dal mare il totale controllo era della flotta veneziana, a terra ci pensavano i contingenti di truppe mercenarie al soldo di Venezia. La città giuliana, disperata, chiese quindi aiuto a un suo alleato, l’Arciduca d’Austria Leopoldo III d’Asburgo, promettendo in cambio la sottomissione al sovrano. Nella primavera del 1369 le forze austriache degli arciduchi Leopoldo e Alberto scesero in campo, impensierendo non poco Venezia che per sicurezza fortificò parti del suo territorio.

La situazione non si risolse fino a novembre dello stesso anno, quando gli austriaci furono sonoramente sconfitti sotto le mura di Trieste dalle truppe mercenarie rinforzate dagli equipaggi della flotta veneziana. La città non poté far altro che arrendersi. La pace non fu tanto onerosa, poiché venne applicata la cosiddetta dedizione: questa altro non era che il riconoscimento di una città del dominio di una maggiore o vincitrice; in cambio quest’ultima non sovvertiva l’ordine di leggi e istituzioni della rivale sconfitta e nemmeno si poneva a guida della stessa. La gestione civica, in sostanza, rimaneva autonoma e libera seppur supervisionata, qualora vi fossero stati problemi, da Venezia.

Se la situazione triesina sembrava risolta, ciò non si poteva ancora dire della guerra iniziata con l’Austria: il conflitto rimase formalmente aperto fino all’ottobre dell’anno successivo, quando a Lubiana venne siglata una pace che impediva al sovrano austriaco di reclamare qualunque diritto sulla città e sulle terre giuliane. La vicenda si chiudeva qui: Trieste era diventata veneziana e nulla avrebbe più modificato questo stato di cose. Si era all’epilogo? Forse no.

Nubi più dense e scure si sarebbero abbattute su Venezia di lì a poco: nel 1378 l’acerrima rivale Genova avrebbe mosso una terribile guerra alla Serenissima, al punto da arrivare a cingere d’assedio la Laguna. Il conflitto, noto alle cronache come Guerra di Chioggia, avrebbe rappresentato la resa dei conti finale tra le due repubbliche marinare. A vincere, incredibilmente, fu Venezia, retta dal doge Andrea Contarini, condottiero persino nella battaglia decisiva della flotta veneziana. La Serenissima, nonostante la sconfitta e l’umiliazione della rivale, perse ancora terre in Dalmazia e con esse influenza, mantenendo però il controllo commerciale dell’alto Adriatico.

Trieste approfittò subito di questa debolezza: nel 1382, un anno dopo la fine della guerra, ruppe i patti con Venezia e si mise sotto la diretta protezione dell’Austria. Da quel momento in poi, la città non si sarebbe più svincolata dal dominio austriaco e si sarebbe considerata come parte integrale di esso fino agli inizi della Grande Guerra.

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