Quante volte sentiamo elogi della vita di campagna, in quanto più sana e tranquilla? Personalmente, la vita bucolica non mi attrae molto, anzi. Però un conto è auspicare una decrescita che sarebbe in fin dei conti abbastanza infelice; tutt’altra cosa è creare una Città a misura di uomo, dove le persone possamo abitare felicemente e stare anche in contatto con un pò di verde.

I primi piani di città ideali appaiono in Inghilterra nella seconda metà del XIX° secolo. Addirittura sono alcuni industriali “illuminati”, come G. Cadbury,produttore di cioccolata, a fondare quartieri vivibili per i propri operai, invece di lasciarli soffocare nei sobborghi fatiscenti di Londra. L’idea della Città Giardino si deve però ad Ebenizer Howard, architetto inglese che, dopo essere emigrato in America giovanissimo per fare lo stenografo, rientrò in patria divenendo impiegato presso il tribunale di londra, dove si occupò proprio di edilizia. Egli viene ispirato dalle idee utopistiche di un altro architetto, Edward Bellamy, e nel 1898 pubblica “A peacefull Path To Real Reform“. dove illustra il suo innovativo progetto.

Alla base c’è l’idea che bisogna salvare la campagna dall’abbandono e la città dal congestionamento: per cui invece di metropoli enormi si creano unità più piccole , che uniscano i pregi della città e della campagna. Howard non è assoluamente contrario al progresso scientifico e tecnologico, tantomeno alla presenza di industrie che nel suo progetto trovano spazio. Egli crea uno schema basato su tre magneti, uno dove ci sono pregi e difetti della vita urbana, uno con pregi e difetti della vita agreste, e un terzo magnete, cioe la “Città Giardino”, che sintetizza gli altri due: si evince che da questa simbiosi si creano solo vantaggi.

howard descrive la sua idea con moduli e grafici dettagliati, tenendo conto che comunque il piano definitivo si stila dopo aver scelto l’area. La città viene divisa in sei settori uguali; al centro ci sta un grande giardino, e in questo ci stanno gli uffici pubblici, il municipo, teatri, musei, ospedali, negozi e campi da gioco. Allontanadosi  dal centro, si trovano i quartieri residenziali, che occupano lo spazio maggiore, con abitazioni spaziose e variegate archittetonicamente, e anche gli edifici scolastici, con ampio giardino ovviamente. Infine, nella zona più esterna, le attività produttive (fabbriche, magazzini, depositi,..) ; a collegare il tutto, un’ampia ed efficiente linea ferroviaria.

Vari tentativi sono stati fatti per realizzare i progetti di Howard, in tutto il mondo e anche in Italia ( Milano Marittima, Villaggio Solvany,..), ma mai si è riusciti a realizzarle appieno : quasi sempre, o si sono trasformate in quartieri dormitorio per le famiglie benestanti, oppure son state travolte da industrializzazione eccessiva, come nel caso di Marghera, realizzata nel 1919 da Emilio Emmer seguendo il progetto di Howard, ma poi divenuta dagli anni Sessanta zona oltremodo inquinata. All’estero, l’idea fu ripresa dal grande architetto Le Corbusier, che la riaddatto con le sue idee. E anche John Maynard Keynes, uno dei più grandi economisti del secolo passato, era ammiratore del progetto di Howard.  Insomma, la ricerca della sintesi fra comodità (della Città) e benessere ( della Campagna) continua.

 

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