Giovedì scorso è stato presentato, presso il Ministero dei beni culturali, il rapporto annuale Io sono Cultura di Symbola e Unioncamere. La relazione si propone di raccogliere ed elaborare i dati inerenti all’economia culturale italiana: quello che è – o fu, non ricordo più bene – il  Belpaese può infatti vantare ben 50 siti tra quelli annoverati dall’Unesco nella lista World Heritage. Un record assoluto.

Il rapporto ha attestato a quasi 80 miliardi il giro d’affari generato dal nostro sistema di produzione culturale: le sue imprese rappresentano il 7,4% del totale; producono il 5,4% del valore della nostra economia; generano il 5,9% dell’occupazione complessiva. Chi ha deciso di investire in cultura ha ottenuto un ritorno del 4,1% maggiore (+3,2% vs -0,9%) rispetto a chi non l’ha fatto. La cultura è, in altre parole, quello studentello diligente capitato in una classe di ragazzi-intelligenti-ma-che-non-si-applicano.

Tuttavia, come spiega il presidente di Symbola Ermete Riallacci (PD), sussiste la concreta necessità di “integrare le politiche culturali all’interno di quelle industriali e territoriali, riconoscerne ed accompagnarne il ruolo da protagonista nella manifattura e nell’innovazioni, oltre che nel turismo”. Gli enti a conduzione statale dovrebbero, cioè, imitare l’esempio virtuoso di quelle imprese che hanno affiancato alla valorizzazione del nostro maggiore patrimonio una crescita economica, evidente ed immediata. Ma le istituzioni, come spesso accade, sono di diverso avviso; lo dimostra la contrazione del budget riservato al Ministero dei beni culturali: negli ultimi dodici anni, infatti, è stato dimezzato. Zac.

Con quale rapporto si affianca il nostro Friuli ad un contesto che ha lo stesso retrogusto di tutte le potenzialità castrate? Il pensiero di chi scrive – ma, scommetto, anche di chi legge – non può che rimandare a pordenonelegge: secondo uno studio coordinato da Guido Guerzoni (Università Bocconi di Milano), l’edizione 2014 ha determinato un impatto economico complessivo superiore a sei milioni di euro, pari ad un significativo rapporto di redditività del 7,27. Vale a dire: per ogni euro investito nella rassegna di fine estate, ne sono stati guadagnati più di 7.

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