Giunti al terzo anno di combattimento nella Grande Guerra, le forze di entrambi gli schieramenti, quello italiano e quello austro-tedesco, costringono le popolazioni abitanti il fronte bellico friulano (detto anche il fronte meridionale) a sopportare ancora l’occupazione e a collaborare pazientemente con le truppe occupanti.
Come leggiamo dal diario di un sacerdote della sinistra del Tagliamento che è riuscito a mantenere e a conservare le ordinanze e i proclami che le due nazioni belligeranti davano alla popolazione, l’impressione è che le due potenze militari esasperarono i toni: il governo italiano mandava dispacci ai paesi locali inneggianti all’unità nazionale e all’orgoglio risorgimentale, quello asburgico, invece, faceva capire che ogni aiuto alle loro truppe sarebbe stato retribuito con del denaro.
Da un proclama italiano datato 12 aprile 1918:
Tutti sanno che questa è guerra per la vita o per la morte, guerra all’ultimo sangue!
Gli italiani vi resisteranno. Non c’è nessun tentennamento. La debolezza è svanita. […]
Occhio per occhio, dente per dente!
L’Italia è una nazione, non un’accozzaglia di popoli che si odiano e sono tenuti insieme dal terrore.
Ogni italiano sia dalla lontana Calabria, sino nelle isole,
sente avversione e ripugnanza per i delitti che sono stati da voi consumati.
La guerra in Friuli è ancora lunga, la popolazione è stremata: ogni opera che si fa, dalla coltivazione dei campi al saldatura del ferro viene requisita con la forza da entrambi gli eserciti, e – come se non bastasse – le medicine più elementari sono ormai del tutto esaurite e ciò costringe la popolazione a chiederle alla curia vescovile.
La diocesi così è costretta a girare la richiesta a papa Benedetto XV e solo così è possibile mandare ai poveri malati il necessario per alleviare le loro sofferenze e sperare di poter guarire.
Intanto, a Spilimbergo, vengono fatti circolare dei foglietti in cui si invitano gli abitanti a rimanere fermi nelle loro posizioni e a essere orgogliosi di essere italiani, perché la vittoria non potrà che essere vicina e che il nemico, fermato sul Piave, non potrà far altro che essere scacciato.
Ma tra lo scrivere della vittoria imminente e la vita reale c’è molta distanza: a poche settimane dai proclami dell’esercito italiano e delle missive spedite alla popolazione friulana succedono molti episodi: don Giacomo Jop riporta infatti che alla sua porta di casa si era avvicinato un uomo che sperava nell’avanzata degli austriaci, cosicché anche il resto della popolazione italiana potesse conoscere i dolori e le ingiustizie subite da tutti loro.
Sono passati pochi giorni dai proclama del governo italiano che diceva che erano vicini alla vittoria e che soprattutto non sarebbero stati lasciati soli.
Ma così non sembrava: la povertà e la precarietà aumentava e il Friuli, come ogni territorio che aveva visto la guerra, sembrava ancora di più una terra di nessuno, dove scorrevano i plotoni anarchici dei militari, la fame e la disperazione.

Classe 1993, quinto di cinque fratelli, con una propensione verso i crostacei e i classici; vivo tra Casarsa, Venezia e Milano e vorrei diventare uno sceneggiatore. Indeciso e scettico su ogni cosa, scrivo per guardarmi attorno e descrivere dove mi trovo, al di là del mio effettivo stato in luogo.