Passi stanchi che cambiano frequenza, suono. Il fiato che esce dalle bocche si mischia a quello di qualcun altro. Imprecazioni e pensieri che si fondono misticamente con quelli di chi c’è già passato. E poi la storia. La storia non è una sola, la storia non è un episodio, un episodio che verrà ricordato scisso, separato dal resto degli istanti del mondo.
La storia è anche un luogo, un palco, testimone.
Cave del Predil è un palcoscenico, un teatro.
Come si evince dal nome, il luogo era un sito estrattivo fino al 1991; più precisamente si ricavava piombo e zinco dalle rocce del Monte Re; la miniera era attiva sin dall’800 a.C., in epoca preromana, tuttavia il primo documento a firma di Federico il Bello risale solo al 1320 d.C.
Nel 1835 avrebbero potuto girare il prologo di Billy Elliot: a causa di rivolte operaie di natura salariale, fu necessario un intervento militare alla fine del quale vennero licenziati 120 operai.
Pochi anni dopo, nel 1890, il villaggio di Raibl è uno dei primi a conoscere l’uso di energia elettrica all’interno delle abitazioni, grazie alla centrale idroelettrica che originariamente movimentava il pozzo estrattivo.
Otto anni dopo hanno inizio i lavori di costruzione della galleria di Bretto, a 240 metri di profondità. Quasi cinque chilometri di galleria inaugurati nel 1905, dotati anche di trenino elettrico per il trasporto di merci e persone, funzionante fino al 1969. Durante la Prima Guerra Mondiale gli austriaci lo utilizzarono per trasportare truppe ed equipaggiamenti. 90 000 uomini, 240 000 tonnellate di viveri, munizioni e materiali sono passati di qui.
Le gallerie si estendevano anche sotto al villaggio, sicché scava qui, piccona là, l’8 gennaio (un domani di tanti anni fa) 1910, una parete crolla sotto la pressione dell’acqua del lago (secondo lago naturale per dimensioni dopo quello di Cavazzo) sovrastante. All’una di pomeriggio l’ospedale locale viene inghiottito letteralmente dalla terra, finendo tra le braccia di un qualche dantesco diavolo, a 150 metri di profondità. A ricordare le sette vittime della tragedia esiste una targa risalente al 1914.
La miniera passa allo Stato Italiano a seguito del trattato di Saint Germain, nel 1919, dove si sanciva che Tarvisio sarebbe passata al Regno d’Italia, in questo florido periodo si costruisce persino una teleferica.
Con la Seconda Guerra Mondiale la galleria diviene linea di confine tra Jugoslavia e Italia, e per la prima volta viene sbarrata da un cancello posto alle estremità, aperto solo con l’ingresso della Slovenia nell’area Schengen.
Dal 1953 la miniera entra in una crisi senza via d’uscita: il lungo declino finisce con 17 giorni di agonia nel febbraio ’91; inutili le proteste degli operai, la cava si chiude. Unica consolazione: rimarrà un luogo visitabile. Magro guadagno: dei duemila abitanti originari oggi ne rimangono circa 400.
Oggi è possibile visitare sia la cava di Raibl sia un museo bellico che abbraccia i tre avvenimenti più significativi per la zona: le campagne napoleoniche-asburgiche, la Prima Guerra Mondiale e la Seconda Guerra Mondiale.
Nasce a Udine il 17 aprile 1993. Si diploma al Liceo Marinelli, frequenta l’Università di Udine, facoltà Giurisprudenza. Nel frattempo ha studiato chitarra classica e sassofono presso la Fondazione Luigi Bon. Sportiva esclusivamente per celio, si è cimentata nella pallacanestro, nel judo e nello sci alpino.