Scrittore appassionato e tenero, impavido interprete dell’attualità, Yasmina Khadra è il protagonista della ventiduesima edizione del Dedica Festival, uno dei tanti “fiori all’occhiello” di Pordenone, che quest’anno si tiene dal 5 al 12 marzo. Fabio Gambaro ha inaugurato la settimana ieri pomeriggio intervistando l’autore algerino, che si è raccontato con parole semplici ma sincere e ricche di significato.

La prima curiosità che colpisce è la scelta dello pseudonimo femminile, che lo scrittore ha adottato agli inizi della sua carriera: per volontà del padre, Yasmina entra nell’esercito all’età di nove anni, dove i ragazzini come lui venivano assoggettati ad una disciplina durissima. La vocazione per la letteratura si manifesta da subito e Yasmina comincia a scrivere ma, a causa degli argomenti di cui tratta, viene inviato con la moglie nel Sahara, lontano da ogni via di comunicazione. «Si sa, quando sei militare la testa serve a portare l’elmetto e non a pensare». Abbattuto dalla situazione, Yasmina racconta di essere stato enormemente aiutato dalla moglie – che non nasconde di amare tantissimo – la quale gli ha consigliato di utilizzare un altro nome per continuare a scrivere in libertà. Lo pseudonimo scelto dall’autore è composto proprio dai primi due nomi della moglie, come spiega egli stesso con simpatia e dolcezza: «porto lo pseudonimo femminile perché è l’unico modo per rimanere all’altezza di mia moglie».

Le opere di Yasmina sono particolarmente interessanti non solo per i temi affrontati, ma perché l’autore unisce in sé due nazionalità apparentemente contrastanti: quella algerina, nativa, e quella francese, adottiva; ma, come spiega al pubblico, questa caratteristica rappresenta per lui una ricchezza e non una difficoltà in termini di compatibilità, poiché la contemporanea padronanza di cultura francese ed araba lo rende particolarmente capace di individuare le disfunzioni fra le diverse realtà. Il multiculturalismo dello scrittore, inoltre, ne alimenta l’attitudine alla filantropia: «la vocazione dell’essere umano è essere utile agli altri».

Questa forte affermazione calca il passaggio ad argomenti di attualità, tema principe della produzione di Yasmina Khadra che, nonostante si rifiuti di essere ritenuto “visionario”, aveva previsto già nei suoi romanzi degli anni ’80 la disastrosa espansione del terrorismo e della sua violenza in Occidente. «Mi infastidisce che la gente continui a pensare che le sciagure capitino solamente agli altri, mentre la soluzione esiste: il primo passo è comprendere il fenomeno. Ed anche se spesso sentiamo molti che parlano di interpretazioni, la cosa che non dobbiamo dimenticare è che non bisogna avere paura del terrorismo: non bisogna mai avere paura di morire, altrimenti si rischia di morire di paura». Yasmina afferma che i giovani che scelgono di votare la loro vita al terrorismo sono delle vittime del sistema malato, che li affascina con discorsi e promesse; ma la verità è che, una volta che hanno partecipato alla guerra santa ed hanno scoperto le barbarie e la violenza, i ragazzi desiderano solamente fermarsi e tornare a casa. «Ma finora non ho mai sentito dire qualcosa da chi ha la possibilità di aiutare questi giovani».

L’incontro si è concluso con una digressione a proposito dell'”altra faccia” di Yasmina Khadra, che ritiene la sua produzione di romanzi d’amore altrettanto importante – se non di più – di quella riguardante l’attualità e la politica.

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