Il golfo di Trieste è un bacino chiuso, basso e di genesi recente. Le sue acque raramente seguono l’agitazione degli strappi di Bora, anche di quella scura che a marzo sembra voler precipitare la città in un inverno postnucleare. È uno specchio domestico, fangoso, a volte monotono. Ma – ha proseguito il triestino d’adozione e giornalista de Il Piccolo Pietro Spirito – si tratta di una frontiera sommersa ricca di sorprese; il golfo non gode solo del valore documentario di enorme discarica millenaria, ma anche della storia traumatica della città che, nel solo XX secolo, è appartenuta agli austroungarici, ai nazisti, alle truppe Alleate e a quelle titine.

Il golfo, dunque, non è solo ciò che appare ma anche un grande archivio di storie e di memorie. Nel febbraio del 1812 il brigantino Mercurio, vittima della flotta inglese nel corso della battaglia di Grado, affondò al largo di punta Tagliamento. Al suo ritrovamento, nel 2001, dobbiamo una maggiore comprensione degli eventi degli avvenimenti di quasi duecento anni prima. I resti della corazzata SMS Wien, affondata dal Mas 9 la notte del 10 dicembre 1917 nelle battute finali del primo conflitto mondiale, sono stati ritrovati proprio davanti al rione Servola nel 2008. Ma le testimonianze sommerse non si fermano alla prima guerra mondiale: nelle acque balneari di Sistiana è stato ritrovato il piccolo relitto di uno dei mezzi marini meno efficaci del secondo conflitto mondiale, un sommergibile monoposto tedesco Molch. L’apparecchio, che nelle intenzioni del genio avrebbe dovuto rappresentare un’arma veloce, maneggevole, di difficile individuazione fu in realtà uno degli esperimenti più miseri nella corsa agli armamenti.

Il golfo non testimonia però solo la Grande Storia del secolo scorso, ma anche un piccolo mistero che ha riempito la cronaca locale dei primi anni Settanta. Il Mojolner, una nave-traghetto-ristorante di proprietà della Panamense Lamamar, fu colpita da un incendio nel maggio 1971 quando già era iniziato il suo disarmo. Il mistero attorno a chi avesse appiccato il fuoco e perchè si ricamò del ritrovamento a bordo del cadavere carbonizzato di Nikola Arcon, un ex – e l’ultimo – marinaio del Mojolner.

“Il golfo è testimone dell’anima profondamente carsica di Trieste, della sua identità frammentata, della fatica a superare gli antichi dissapori e a fare i conti col passato, del suo adagiarsi sui propri relitti”.