«Benché suo padre avesse immaginato per lui un brillante avvenire nell’esercito, Hervé Joncour aveva finito per guadagnarsi da vivere con un mestiere insolito, cui non era estraneo, per singolare ironia, un tratto a tal punto amabile da tradire una vaga intonazione femminile.
Per vivere, Hervé Joncour comprava e vendeva bachi da seta.»

Inizia così uno dei romanzi più conosciuti e amati di Alessandro Baricco: il significato del titolo viene subito svelato.
O, almeno, così sembra.

Il lettore viene immediatamente immerso nella vita del protagonista, dinamica ma vissuta senza passione. Il suo lavoro, la sua casa, la sua amata moglie, nessun figlio. L’unico tocco di apparente movimento sono i viaggi oltre il Mediterraneo che Hervé si trova costretto a compiere per comprare le uova di baco da seta da allevamenti più sicuri e sani di quelli europei.

Finché, un giorno, un viaggio diverso, un luogo molto più distante, lo aspetta. Spinto dal suo datore di lavoro, l’intrigante Baldabiou – sempre avvolto da un filo di mistero – Hervé non ha scelta: l’epidemia ha colpito anche oltre l’Europa, in quei soliti posti in cui era abituato commerciare per qualche mese e poi, il resto dell’anno, riposare a casa.

Il Giappone.
L’isola lontana, in cui si produce la più bella seta del mondo, è molto ambita dall’imprenditore Baldabiou e, presto, lo sarà anche per Hervé.
«Non devi avere paura di nulla.» Questo il suo saluto alla moglie, «la voce più bella del mondo».

Uno sguardo, sensazioni intense, un incontro inaspettato sconvolge però la vita di Hervé, che rimane ammaliato da una ragazzina dalle sembianze occidentali, seppur in terra asiatica.
Lei lo incanta con i suoi occhi folgoranti, accendendo il suo interesse e le sue pulsioni con grazia e con un gesto che fa trasalire protagonista e lettore al tempo stesso.

La vita di Hervé continua. Ritorna in Francia dalla moglie e poi di nuovo riparte per il Giappone, sempre ammaliato e incuriosito da questa giovane e incantevole donna che continua a sedurlo fino a diventare sua, in una notte di sfuggente ma intenso piacere.

I personaggi del racconto sono pochi ma ben caratterizzati.
La storia scorre fluida con uno stile semplice, ma poetico e raffinato. Le situazioni si ripresentano ciclicamente, in una magica e sconcertante monotonia che alla fine si rivela essere la chiave fondamentale per capire la storia, coadiuvata dal colpo di scena finale.
L’inchiostro sulla pagina è caratterizzato da molti spazi bianchi che conferiscono all’opera ulteriore setosità.

Una storia struggente di un amore che non smette mai di ardere, nonostante gli anni, nonostante la distanza. Un amore che alla fine si dimostra più forte di qualsiasi altra cosa, un amore che comprende, accetta, conosce la verità, un amore che si rivela per ciò che veramente è: sereno, consapevole, vero.

«Finché alla fine ti bacerò sul cuore, perché ti voglio, morderò la pelle che batte sul tuo cuore, perché ti voglio, e con il cuore tra le mie labbra tu sarai mio, davvero, con la mia bocca nel cuore tu sarai mio, per sempre, se non mi credi apri gli occhi signore amato mio e guardami, sono io, chi potrà mai cancellare questo istante che accade, e questo mio corpo senza più seta, le tue mani che lo toccano, i tuoi occhi che lo guardano, […] il mio corpo sul tuo, la tua schiena che mi solleva, le tue braccia che non mi lasciano andare, i colpi dentro di me, è violenza dolce, vedo i tuoi occhi cercare nei miei, vogliono sapere fino a dove farmi male, fino a dove vuoi, signore amato mio, non c’è fine, non finirà, lo vedi? Nessuno potrà cancellare questo istante che accade, per sempre getterai la testa all’indietro, gridando, per sempre chiuderò gli occhi staccando le lacrime dalle mie ciglia, la mia voce dentro la tua, la tua violenza a tenermi stretta, non c’è più tempo per fuggire e forza per resistere, doveva essere questo istante, e questo istante è, credimi, signore amato mio, quest’istante sarà, da adesso in poi; sarà, fino alla fine.»

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