Nella storia di Pordenone, molti sono i simboli e gli spazi che caratterizzano il panorama non solo visivo ma anche culturale della città. Tra questi, nell’ambito dell’istruzione, figura certamente il Liceo Leopardi-Majorana, un istituto unico nel suo genere, che unisce sotto un solo nome tre diversi indirizzi: classico, scientifico e delle scienze umane (ex-sociopsicopedagogico). Questi, a modo loro e grazie al lavoro e all’interessamento di professori e studenti, hanno portato il Leo-Major a essere tra i più noti nel panorama provinciale e civico e insieme rappresentano un’eccellenza tutta pordenonese.
La storia del liceo classico e scientifico di Pordenone è intrecciata con quella della città stessa. Ogni generazione di studenti, ogni preside, ogni cambiamento di sede riflette trasformazioni più grandi: la crescita di una comunità, i mutamenti della scuola italiana, le tensioni e le speranze di decenni di storia.
Il 16 giugno 1948, in una Pordenone che ancora non era capoluogo di provincia, nasce il liceo-ginnasio comunale. È una scuola piccola, raccolta nel centro storico, che in pochi anni arriva ad accogliere un centinaio di allievi. Il collegio docenti è guidato a lungo dalla professoressa Pederzani Pedretti, preside incaricato: una figura che garantisce continuità e disciplina in una fase pionieristica.
Il clima è quello di una comunità educativa quasi familiare, in cui docenti e studenti condividono spazi e risorse limitate, ma animati da una grande passione per lo studio. Sono anni in cui la scuola non è soltanto un luogo di formazione: è anche un segnale della volontà della città di crescere culturalmente, di affermarsi come polo di istruzione superiore.
Il 1965 segna una svolta decisiva: il liceo diventa statale, con sede in Piazza della Motta. Il primo collegio docenti del nuovo istituto si riunisce il 26 ottobre dello stesso anno sotto la guida del preside Luigi Rizzolatti. Dai verbali di quelle prime riunioni emerge un forte senso di responsabilità: si stabiliscono regole severe per la valutazione, la condotta, persino per la sorveglianza durante gli intervalli. È il tentativo di costruire una scuola autorevole, rispettata, capace di garantire qualità in un’Italia che stava vivendo il boom economico e sociale.
Negli anni seguenti si alternano i presidi Ermenegildo Rosa Bian e Isabella Bacetti Londero, fino all’arrivo, nel 1977, del professor Angelo Luminoso, che resterà in carica per dodici anni e lascerà un’impronta profonda. Gli anni Settanta sono turbolenti in tutta Italia: proteste studentesche, tensioni politiche, un clima di trasformazioni. Anche il liceo di Pordenone vive questi fermenti. Luminoso, un una articolo memoriale, ricorda il giorno del rapimento di Aldo Moro: un giovane docente gli chiese di prendere posizione. La risposta fu condivisa e significativa: informare gli studenti e sospendere le lezioni. Un gesto semplice, ma che fece della scuola un luogo di coscienza civile.
Ma non c’è solo la cronaca. Sotto la presidenza Luminoso, il liceo si apre al mondo universitario: arrivano studiosi come Emilio Pianezzola, Giorgio Cracco, Fulvio Salimbeni, Attilio Forino. Per gli studenti, abituati a lezioni quotidiane, questi incontri rappresentano vere e proprie finestre sul sapere. La scuola diventa un centro culturale per la città, non solo per i ragazzi che la frequentano.
Negli stessi anni nascono viaggi d’istruzione che restano nella memoria collettiva – il più celebre, quello in Grecia del 1984, un’esperienza che univa il contatto diretto con la civiltà classica a un’avventura formativa unica, la cui tradizione prosegue ancora oggi.
E ancora, la partecipazione a concorsi come il Certamen Classicum Florentinum, e riconoscimenti prestigiosi come la scelta di Piervincenzo Di Terlizzi tra gli “Alfieri del Lavoro” del 1984. È anche l’anno del trasferimento nella sede attuale di Piazza Maestri del Lavoro, che segna una nuova fase della scuola.
Mentre il liceo classico consolidava il proprio ruolo, nel 1991 la città vede nascere un nuovo istituto: il Secondo Liceo Scientifico, che poco dopo prenderà il nome di Ettore Majorana. È figlio di una scissione: il liceo scientifico Grigoletti si divide in due, e gli insegnanti più giovani scelgono in gran parte di intraprendere questa nuova avventura. A guidarlo c’è Sergio Chiarotto.
Il Majorana è un ambiente fresco, sperimentale. Al tradizionale indirizzo scientifico si affianca il Progetto Brocca, che introduce metodologie innovative e che porterà alla nascita dell’indirizzo sociopsicopedagogico. Gli spazi non sono ideali: prima l’ex tribunale di Piazza XX Settembre (oggi Biblioteca civica), poi prefabbricati in via Colvera, tra proteste di docenti e studenti. Eppure, proprio queste difficoltà contribuiscono a cementare un’identità forte e dinamica.
La svolta arriva nel 1998/99: il liceo classico “Giacomo Leopardi” e il liceo scientifico “Ettore Majorana” si uniscono. Nasce così il Liceo Leopardi-Majorana, “tre licei in uno”: classico, scientifico e sociopsicopedagogico. Negli anni successivi, con la riforma Gelmini, l’indirizzo sociopsicopedagogico si trasforma nell’attuale Liceo delle Scienze Umane, ma la filosofia resta la stessa: offrire un ventaglio di scelte ampio e di qualità.
Nel nuovo millennio il liceo affronta le sfide della globalizzazione e della rivoluzione digitale. Si introducono i laboratori informatici, si moltiplicano i progetti europei, nascono collaborazioni con istituzioni culturali, associazioni e realtà del territorio. Non è più solo il “luogo della tradizione classica”, ma un laboratorio di idee e innovazione.
Dal 2010 al 2020 la presidenza è affidata a Teresa Tassan Viol, che consolida l’identità unitaria del liceo. Dal 2020 la guida passa a Rossana Viola, che accompagna la scuola nell’era post-pandemica, tra didattica digitale e nuove esigenze educative.
Guardando indietro, il liceo Leopardi-Majorana ha vissuto settant’anni intensi: dalle aule del centro storico al trasferimento nella sede attuale, dalle proteste degli anni Settanta alle innovazioni del Duemila, dalle tensioni civili al dialogo con l’università. Ha formato generazioni di studenti, molti dei quali sono diventati professionisti, insegnanti, amministratori, intellettuali. Ma soprattutto ha offerto uno spazio di crescita, di confronto e di apertura culturale, in sintonia con la città e con il mondo. Oggi, nel cuore di Pordenone, il liceo continua ad essere un ponte tra passato e futuro: un luogo dove la memoria classica convive con le scienze, dove le sfide del presente diventano occasioni per formare cittadini consapevoli e appassionati.
Per approfondire:
- www.leomajor.edu
- Cristiano Riva, 50 anni di Liceo Classico Statale a Pordenone
- Angelo Luminoso, Dodici anni al Liceo Classico di Pordenone
- Sergio Chiarotto, Come un giardiniere
Immagine di copertina realizzata con IA. Foto credits: www.leomajor.edu
Articolo originale: https://www.loppure.it/50-anni-di-liceo-classico-leopardi/
Pordenonese, classe 1992. Ho conseguito il dottorato di ricerca in Studi storici tra l’Università di Padova, Ca’ Foscari di Venezia e l’Università di Verona. Mi sono laureato a Ca’ Foscari con una tesi sul rapporto tra l’università veneziana e la Dalmazia, premiata dall’Ateneo Veneto nel 2020. Mi piace pensarmi come uno spettatore di eventi che un giorno saranno considerati storia: ciò che viviamo oggi, domani sarà oggetto di studio e di riflessione. Per questo credo che raccontare e divulgare il passato sia una delle sfide più affascinanti. È anche il motivo per cui scrivo con passione per le mie amate Radici.