Il territorio pordenonese, situato tra i bacini del Meduna e del Livenza nell’alta pianura friulana occidentale, ha subito nel tempo profonde trasformazioni naturali e idrografiche che hanno influenzato la sua storia e gli insediamenti umani. Fin dalla preistoria, l’abbondanza di corsi d’acqua e risorgive ha favorito la nascita di comunità, che però hanno dovuto adattarsi ai continui mutamenti ambientali.
Le variazioni climatiche, le glaciazioni e il successivo disgelo hanno modellato il paesaggio, creando rilievi e depositi morenici. Il ghiacciaio del Tagliamento ha formato colline moreniche, mentre il ghiacciaio della Valcellina, ostacolato da catene montuose, ha generato un vasto cono alluvionale, che ha influenzato la distribuzione dell’acqua e la morfologia del suolo.
Il torrente Cellina, con il suo corso mutevole, ha avuto un ruolo cruciale nel modellare il territorio. Nei secoli, ha subito profonde trasformazioni, contribuendo prima alla fertilità del suolo e poi, con l’erosione e l’impoverimento idrico, rendendo alcune aree meno adatte agli insediamenti. Durante l’epoca romana, la presenza di fiumi e risorgive garantiva condizioni favorevoli alla vita, ma successive alluvioni e interventi antropici hanno modificato radicalmente il paesaggio, portando alla scomparsa di alcuni insediamenti.
Uno degli eventi più significativi fu la grande alluvione del 589 d.C., descritta da Paolo Diacono, che alterò il corso dei fiumi e stravolse il territorio. La memoria di queste trasformazioni è sopravvissuta anche nelle tradizioni popolari, che raccontano di antichi eventi idrogeologici con toni leggendari.
La Valcellina e il territorio circostante hanno subito nei secoli profondi cambiamenti dovuti a eventi alluvionali e all’abbassamento delle falde acquifere. Secondo un’antica leggenda, un muratore, spinto dall’avidità della popolazione, scavò troppo a fondo un pozzo, causando la fuoriuscita incontrollata di acqua che sommerse la vallata. Questo mito riflette probabilmente un evento storico reale: l’intensificarsi di alluvioni a partire dal VI secolo, che modificò il corso dei fiumi e rese instabili molti insediamenti.
Con il declino dell’Impero Romano e le invasioni barbariche, la situazione divenne ancora più critica. Il torrente Cellina e gli altri corsi d’acqua della zona portarono enormi quantità di detriti, compromettendo la viabilità e isolando comunità come quella di Vivaro. L’erosione del terreno provocò inoltre un progressivo abbassamento delle acque di superficie e sotterranee, portando alla scomparsa di numerose sorgenti da cui per secoli avevano attinto gli abitanti.
Un esempio emblematico di questo fenomeno è la scomparsa di una sorgente nei pressi della chiesa di Santa Fosca a Cordenons. La tradizione popolare attribuisce la sua scomparsa a un evento soprannaturale: si racconta che una zingara, lavando i suoi panni nell’acqua limpida, l’abbia fatta svanire per sempre. Questo episodio testimonia il profondo legame tra la popolazione locale e le risorse idriche, viste non solo come elementi naturali ma anche come oggetti di culto e superstizione.
Ancora oggi, le trasformazioni del territorio continuano, con un progressivo prosciugamento delle falde acquifere. Studi e rilevamenti permettono di individuare antiche risorgive ormai scomparse, segno di un ecosistema un tempo ricco di acqua e vita, oggi profondamente mutato dall’azione naturale e dall’intervento umano.

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