A volte, succede al lettore di infilarsi in un nuovo romanzo con la brama, lo goffaggine e la foga di un amante atterrito dalla grandezza della sua conquista e di concluderlo con la malinconia di quello frettoloso, che in effetti non abbia afferrato cosa sia appena accaduto. La prima lettura, se fulminea, di Atti osceni in luogo privato è questo: un’eiaculazione precoce.

Il romanzo, impudico, virile ma fieramente scremato da semplici giudizi misogini, è la narrazione della vita della carne e degli affetti, spesso coincidenti, del giovane Libero Marsell: una insospettabile sorta di Journal d’un Corps. La voce di un Libero lucidamente consapevole – della propria educazione sentimentale e sessuale, ma anche della verità che le due siano state scolare in competizione reciproca – conduce attraverso le sue stagioni, che sono in effetti quelle universali. Il fiuto per le intuizioni, salvifiche, è sempre innescato da una recisione, netta: un Libero infante scopre il sesso e il tradimento delle amicizie, invisibile tenta una discreta fuga dall’invisibilità e ottiene un insperato allunaggio, insospettabile e orfano si divincola da illibatezza e paura, reticente e fedele ad un amico scansa una passione insinuante, maturo saluta una madre amata e compresa solo dopo la morte di Monsieur Marsell, completo si congeda infine dagli amori stagionali.

… Ti vedevo a mille chilometri di distanza con la paura di scegliere tra la vita e l’osceno, senza sapere che sono la stessa cosa. L’osceno è il tumulto privato che ognuno ha, e che i liberi vivono. Si chiama esistere, e a volte diventa sentimento.

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