Loris Fortuna fu una particolare figura –  spesso dimenticata – del socialismo friulano. È difficile infatti trovare una biografia che comprenda tutto ciò che ha rappresentato, dalla legge sul divorzio alle numerose battaglie per i diritti civili.

Fortuna nacque il 22 gennaio 1924 a Breno, in provincia di Brescia. Il padre divenne capo cancelliere presso il Tribunale di Udine, così tutta la famiglia si trasferì in Friuli quando Loris aveva solo tre anni.

Conseguì la maturità al Liceo classico “Jacopo Stellini” di Udine e durante la Seconda guerra mondiale fu partigiano nelle formazioni Osoppo e Friuli.
Nel 1944 venne catturato dai nazisti e condannato ai lavori forzati nel penitenziario di Bernau, in Germania, da cui poté ritornare solo a guerra finita.
Anche Loris si iscrisse al PCI come il padre, il quale fu un rappresentante del partito nel Comitato di Liberazione nazionale di Udine.
Nel dopoguerra si impegnò nel movimento di lotta dei braccianti e salariati agricoli ed assieme a Pasolini, diresse il settimanale Lotte e lavoro dal 1946 al 1948. I due condussero anche diverse battaglie politiche e culturali.

Fortuna si laureò in Giurisprudenza nel 1949 all’Università di Bologna con una tesi su Diritti di sciopero e non collaborazione e divenne poi legale della Federazione dei lavoratori della terra e delle Camere del lavoro di Udine e di Pordenone. Avvocato preparato e capace, nel 1951 entrò in consiglio comunale a Udine con il PCI. Fu eletto nelle amministrative sia del 1951 che del 1956.

Il 1956 fu però segnato da diversi eventi che portarono a profondi cambiamenti politici. Infatti Fortuna dopo i fatti di Ungheria, prese le distanze dal PCI e nel 1959 si dimise anche dalla carica di consigliere comunale. Si iscrisse così al PSI che lo candidò alla Camera nel 1963.

Nello stesso anno, uscì il suo saggio Il Friuli. Tesi per lo sviluppo economico in cui individuava come cause del ritardo nello sviluppo della regione sia l’esportazione dei capitali che il fenomeno dell’emigrazione. Riguardo all’agricoltura invece sottolineava non solo la frammentazione della superficie produttiva, ma soprattutto la sua concentrazione nelle mani di pochiFortuna guardava poi anche ai dati occupazionali e riteneva che la crisi poteva essere superata soltanto con l’intervento della Regione Friuli Venezia Giulia, oltre che con un piano di sviluppo adeguato.

Non di certo una lettura banale per l’epoca, perchè vedeva il Friuli Venezia Giulia come regione sottosviluppata alla stregua del Mezzogiorno d’Italia. Il saggio non solo fotografava la situazione friulana degli anni Sessanta, ma era anche un’analisi di un più ampio movimento sociale e culturale che chiamava dunque a gran voce il ceto politico regionale a dare delle soluzioni. Infatti, molto coraggiosamente, il suo studio era anche una dura critica a quest’ultimo, il quale veniva rappresentato solo come garante dei propri interessi spesso legati a privati.

L’adesione al PSI da parte di intellettuali come Fortuna, diede quindi un nuovo apporto alla cultura socialista e aiutò a ridefinire la relazione tra politica e cultura.
A Udine, fondò anche il “Centro di ricerche culturali Piero Calamandrei” con l’obiettivo di divulgare la conoscenza sui principali temi culturali e rendervi partecipe quindi anche la popolazione friulana.
Dedicare poi il centro a Calamandrei sicuramente aveva una grande valenza simbolica non solo in direzione liberalsocialista, ma rappresentava anche una grande sensibilità verso le libertà civili. Calamandrei infatti strinse rapporti duraturi di amicizia e di collaborazione con Aldo Capitini, mentore di diverse figure come Danilo Dolci (che Calamandrei difese in un processo perchè arrestato dopo uno “sciopero alla rovescia”), ma anche di Marco Pannella.
Come organo del Centro, nacque poi la rivista Politica e cultura diretta proprio da Fortuna, la quale all’interno conteneva elementi politici, culturali, economici, sindacali e perfino sportivi.

La consacrazione professionale di Fortuna come avvocato penalista avvenne nel 1960, quando assunse la difesa di uno degli imputati nel processo per l’assassinio di Pierina Cassina, la “crocefissa di Masarolis”, avvenuto nello stesso anno.
Come politico invece, riscontrò sempre, sia per capacità che per personalità, l’appoggio popolare, tanto che ancora oggi viene ricordato con affetto attraverso una sua frase emblematica: «non svenderò mai i valori degli ideali per una poltrona».

Nelle stesse politiche del 1963, infatti, ebbe un elevato numero di preferenze e parallelamente, anche il PSI – a differenza del dato nazionale – crebbe sia in voti che in percentuali. La DC friulana invece registrò un calo notevole. Un dato davvero importante, perchè quest’ultimo in regione fu da sempre il partito maggioritario. Basti pensare che solo a Udine, la DC registrava oltre il 40% dei consensi.

Nel 1965, Fortuna depositava alla Camera dei deputati un progetto di legge per il divorzio e iniziava così anche un’intensa mobilitazione da parte del Partito Radicale. Si legò quindi al leader radicale Marco Pannella, prendendo anche la tessera del partito e sul fronte dei diritti e libertà civili, avviò numerose battaglie.

Gli anni Settanta e Ottanta furono difficili per la regione, ma grazie a personalità come quelle di Fortuna, la politica continuò ad avere un ruolo fondamentale.
Il 1º dicembre 1970 veniva approvata la legge n. 898 –Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio”, la cosiddetta legge Fortuna – Baslini, nonostante l’opposizione della DC, del MSI e dei monarchici, ma con voto favorevole da parte del PSI, del PSIUP, del PCI, del PSDI, del PRI e del PLI.
Al referendum abrogativo del maggio 1974 , a Udine, i favorevoli al divorzio toccarono la cifra del 66,8%, in Friuli Venezia Giulia del l 63,9% e in Italia il 59,1%. Un dato davvero significativo.

Fortuna fu autore anche della prima proposta sulla depenalizzazione dell’aborto e si spese anche per una legge sull’eutanasia passiva. Al referendum popolare del 17 maggio 1981 proposto dalla DC sul tema dell’aborto, le tesi di Fortuna ottennero l’appoggio popolare del 67,9% .

Ma la sua popolarità era già cresciuta dopo il movimento divorzista, come lo dimostrarono gli ampi consensi elettorali che riscosse nel 1968: Fortuna risultò eletto sia nella circoscrizione di Milano – Pavia, sia in quella di Udine – Gorizia – Belluno (optando per quest’ultima). Il risultato per le liste socialiste invece fu negativo.
Alle elezioni del 1976,  il Partito radicale presentò proprie liste in tutte le circoscrizioni ad eccezione di quella in cui c’era Fortuna per il PSI, dando addirittura indicazioni in suo favore.
Il socialista venne riconfermato, ma escluso dalla nuova direzione del PSI, che vide come segretario generale Craxi.
Quest’ultimo, però, nel maggio 1985 lo chiamò a far parte del suo governo come ministro per il Coordinamento delle politiche comunitarie.

Dopo un male incurabile, morì a Roma il 05 dicembre 1985 chiudendo simbolicamente anche un periodo del mondo politico e sociale friulano.

Nel 1990 venne pubblicato “Loris Fortuna intimo e politico” scritto da Gisella Pagano, attrice milanese che fu al suo fianco negli ultimi quindici anni di vita. Il libro sebbene intimo, rappresenta l’unica biografia sul politico friulano.
La prefazione venne scritta dal giornalista Ruggero Orlando, il quale ricorda Fortuna così: «[…] la politica assorbente e tormentosa di un idealista, un uomo irrequieto, geniale e scapigliato, insofferente degli egoismi e degli impacci, sempre coraggioso nella sua lotta».

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