Immaginate per un momento di essere nel letto di notte, quando improvvisamente vi rendete conto di non potervi muovere e di essere perfettamente svegli e vigili. Sperate sia solo una sensazione, che sia solo un sogno, un momento che passi in fretta, una cosa da raccontare l’indomani alle persone più vicine esprimendo la propria incredulità e il sollievo nello scoprire che la quotidianità non è mutata nel giro di una notte.
Non è stato così per Jean Dominique Bauby, caporedattore della rivista Elle, che si è ritrovato in questa condizione in modo tragicamente definitivo dopo un incidente vascolare a livello del tronco cerebrale, un ictus che non gli ha spezzato la vita ma lo ha gettato nelle braccia della Locked in Syndrome (LIS), in cui “il paziente è bloccato dentro se stesso, con la mente intatta e i battiti della palpebra sinistra come unico mezzo di comunicazione”. Lo scafandro e la farfalla racconta piccoli episodi della quotidianità di un mondo capovolto, come una sorta di “diario di questo viaggio immobile”. L’autore ne parla ironicamente come se si trattasse di una punizione per il “crimine di lesa maestà”, per aver pensato a una trasposizione moderna del Conte di Montecristo, opera in cui è descritta la LIS forse per la prima volta nella figura di Noirtier de Villefort: “un cadavere dallo sguardo vivo, un uomo già pronto a tre quarti per la tomba, questo handicappato grave non fa sognare ma temere. Depositario impotente e muto dei più terribili segreti, passa la vita prostrato in una sedia a rotelle e comunica solo con gli occhi”. Allo stesso modo lui stesso incute timore, con il “viso di un uomo che sembrava appena uscito da un barile di diossina, con la bocca storta, il naso rovinato, i capelli arruffati lo sguardo pieno di paura, un occhio cucito e l’altro spalancato come quello di Caino”. A questo proposito l’autore scrive: “Non solo ero esiliato, paralizzato, muto, mezzo sordo, privato di ogni piacere e ridotto all’esistenza da medusa, ma ero anche spaventoso a vedersi. Sono stato colto da quel riso irrefrenabile e nervoso che viene provocato da una serie di catastrofi, quando dopo un ultimo colpo di sorte, si decide di prenderlo come uno scherzo”.
Era il 8 dicembre 1995 quando avvenne questo incidente, per il quale ci sono “tante probabilità di cadere in questa trappola quante di vincere il superpremio alla lotteria”, ironicamente una sorta di fortuna inaspettata. La sorte però gli ha riservato anche un “oblò dello scafandro“: l’autore può muovere la palpebra sinistra, e con l’aiuto dell’ortofonista Sandrine (definita dall’autore come angelo custode) può comunicare con il mondo esterno. Fanno uso di un alfabeto le cui lettere si susseguono in base alla frequenza nella lingua francese: con un battito di ciglia l’autore ferma l’interlocutore sulla lettera scelta e con pazienza le parole prendono forma, le frasi si susseguono nel costruire questo castello di pensieri che volano leggeri come farfalle, per rendere meno opprimente lo scafandro che lo trattiene.
Poche sono le consolazioni in casi tragici come questi: l’immaginazione e la preghiera. L’immaginazione aiuta l’autore a sfuggire alla monotonia e alla crudeltà del suo destino, gli permette di vivere alla corte dell’Imperatrice Eugenia (della quale è presente un grande ritratto nella grande sala dell’ospedale marittimo di Berck dove alloggia), e di farsi consolare da lei come se fosse santa Rita, patrona dei casi disperati; confida i suoi timori anche al faro presente vicino alla struttura, che veglia sui marinai come sui malati, “naufraghi della solitudine“; in questo mondo capovolto in cui non può più provare i piaceri della vita, non gli rimane altro che “l’arte di cucinare a fuoco lento i ricordi“. Anche le preghiere porta il loro conforto: quelle di amici in Giappone sono consacrate alla salute della laringe, l’udito è messo nelle mani di monaci di Bordeaux, mentre la preghiera della figlia Celeste dà sollievo al suo spirito. Ma è il rimpianto il vero protagonista della sua attuale situazione, “la nostalgia di un passato trascorso e soprattutto il rimorso delle occasioni mancate. Mithra-Grandchamp (il cavallo vincente su cui avrebbe dovuto puntare) sono le donne che non si sono sapute amare, le occasioni che non si è voluto cogliere, gli istanti di benessere lasciati scappare”, un’esistenza fatta di piccoli insuccessi, “una gara di cui si conosce il risultato ma della quale non si riesce a incassare la vincita”.
Tuttavia nessuna consolazione è davvero sufficiente per pazienti affetti da LIS, “volatili dalle ali spezzate, pappagalli senza voce, uccelli del malaugurio che hanno fatto il nido dentro un corridoio senza uscita del reparto di neurologia”. “Un vegetale” come le malelingue vorrebbero far credere al mondo, contro cui l’autore ha deciso di lottare inviando lettere dall’ospedale, mentre con questo libro ha voluto dare un ultimo saluto agli amici e ai suoi figli Celeste e Theophile, per esprimere i suoi sentimenti rimasti sempre nascosti, per dare coraggio al padre che come lui soffre di una forma di Locked in Syndrome al terzo piano di un condominio, isolato a sua volta dal mondo; per ringraziare chi gli è stato vicino e per ricordare a chi non l’ha fatto che l’imprevedibilità si nasconde dietro l’angolo, pronta a colpire duramente la vita.
“I read the news today oh boy/ About a lucky man who made the grade/ And though the news was rather sad/ Well I just had to laugh. […] He didn’t notice that the lights has changed”. (A day in the life, Beatles)