La terza giornata di Pordenonelegge ha visto fra i suoi protagonisti un’acclamatissima Roberta de Monticelli, che ha incantato il pubblico naoniense con uno dei suoi lunghi sermoni filosofici. Il linguaggio dell’autrice non è affatto semplice da seguire, a causa dei numerosi nominalismi, concetti astratti e riferimenti classici che condiscono la retorica della de Monticelli. Il messaggio, tuttavia, arriva preciso, e si nasconde dietro due parole: idealismo e valori.

L’idealismo come il tentativo di un ritorno a un mondo in cui la realtà concreta, fattuale, non rappresenti la sola dimensione possibile dell’essere. Idealismo come riscoperta di una dimensione diversa, superiore alla normalità. Normalità che, afferma la filosofa, non è altro che il risultato di una costante “erosione dell’idealità”, di un preoccupante “appiattimento del reale sul reale”, come a lei piace dipingerlo, che si traduce necessariamente in una forma moderna di neo-realismo, dove la normalità fattuale è sovrapposta alla percezione di giustizia.
Tale situazione si traduce in ogni aspetto della vita quotidiana, dal rapporto coi familiari a quello con le istituzioni, e conduce inevitabilmente all’apatia civile, al rattrappirsi della sensibilità morale, all’indifferenza verso le dimensioni valoriali della nostra esistenza.
E sono proprio i valori, a questo punto, a farne le spese. La sfera valoriale, che in questa visione non trova rappresentazione fattuale nel mondo concreto, rimane appannaggio di una sorta di iperuranio che non si può raggiungere, presi dallo sconforto e dal negativismo che permea la società moderna.

Ma di chi è la colpa di questo decadimento? La de Monticelli non si risparmia certamente dal puntare il dito contro i filosofi, intesi come i portatori di conoscenza, etimologicamente come tutti coloro rappresentino il sapere nelle loro funzioni. Professori, intellettuali, educatori, artisti, filosofi stessi, ognuno ha abdicato alla missione morale del Socrate dei dialoghi di Platone, per abbracciare invece uno scetticismo morale che crea l’ambiente migliore per la corruzione dei costumi. Proprio in questo passaggio l’autrice rivela il punto fondamentale del proprio pensiero: non abdicare alla missione di Socrate, la ricerca della verità, anche se questo comporta andare contro la corrente.