Negli ultimi anni l’Unione europea non ha certamente vissuto i suoi momenti di maggiore popolarità. Numerose sono state le riflessioni sul suo operato e la sua esistenza  è stata addirittura messa in discussione da molte parti politiche.

Giorgio Radicati, diplomatico in pensione dopo essere stato – tra gli altri – Console generale a New York e ambasciatore a Praga, ha scritto un libro dal titolo “Europa sì, Europa no”. È un diario che vuole parlare delle grandi questioni irrisolte dell’integrazione europea, partendo dal racconto del tempo trascorso nella capitale ceca come ambasciatore.

In particolare Radicati ci presenta la figura di Vàclav Klaus, secondo Presidente della Repubblica Ceca dopo la Rivoluzione di Velluto. Klaus è ciò che noi oggi definiremmo un “euroscettico ante litteram“, in quanto dai primi anni Duemila contestava il processo di integrazione europea con argomentazioni che all’epoca non trovavano seguito mentre oggi sono molto presenti nel dibattito politico. Klaus rivolgeva tre principali critiche all’Unione europea: la perdita di sovranità degli Stati membri, la costruzione dell’Euro e la mancanza di un’identità europea. Non ci è difficile ricordare un politico, editorialista o commentatore che oggi non riproponga le stesse critiche, magari anche usando proprio le fini riflessioni che faceva Klaus. Di professione economista, Klaus apparteneva alla scuola liberista di Chicago ed ebbe modo di contestare soprattutto la moneta unica europea esponendo già dagli anni Novanta i suoi difetti. Tuttavia non si limitò solo a una critica a questa costruzione economia, si spinse oltre dicendo che lui non riusciva a sentirsi europeo ma solamente praghese e che il sentimento europeo era qualcosa che non gli apparteneva.

A noi osservatori del presente questa storia sembra singolare, perché racconta di un uomo che, in una nazione all’epoca convinta ed entusiasta dell’Europa, anticipò alcuni punti critici. Inoltre è significativo che sia una storia proveniente dall’Est Europa, dove oggi rinascono questi sentimenti nazionalisti ed euroscettici. Un clima di sfiducia verso Bruxelles che è molto vivace specialmente quando si parla di immigrazione, tema che Radicati tiene molto a sottolineare come punto significativo della crisi europea.

La vera questione è ora se questa crisi porterà a un futuro sempre più nero per l’Europa oppure se si riescano ad aggiustare (con fatica) i nodi di un’integrazione nata – vale la pena ricordarlo – da grandi statisti. Radicati sa bene come questa “Europa del cocktail si regga sull’instabilità e sia frutto di forzature ma ci vuole lasciare con un messaggio positivo, ricordando come nel suo passato da ambasciatore anche le situazioni più complicate potessero arrivare a una soluzione.