Ieri sera presso l’ex Convento di San Francesco si è svolto un altro appuntamento del festival Dedica. È stata infatti l’occasione per consegnare a Yasmina Khadra il premio “Una vita per la scrittura”, riconoscimento alla sua prima edizione, nato per volontà della banca Friuladria.

La serata è poi continuata con la conversazione sul tema “La religione come ideologia”; i relatori erano i professori Paolo Branca e Renzo Guolo, moderati dal giornalista Alessandro Mezzena Lona: Paolo Branca è un esperto di lingua e cultura araba dell’Università del Sacro Cuore di Milano mentre Renzo Guolo è docente di Sociologia dell’islam presso l’Università di Padova. La loro riflessione voleva trattare il rapporto tra religione islamica e società moderna, alla luce degli episodi di terrorismo successi l’anno scorso a Parigi.

È essenziale, prima di tutto, capire il contesto in cui questi fenomeni di fondamentalismo sono nati: il nostro periodo storico, figlio della Caduta del Muro di Berlino, è caratterizzato da una forte crisi delle ideologie politiche che hanno dominato il Novecento. Le stesse istituzioni politiche appaiono poi poco credibili in tutto l’Occidente e l’economia globalizzata non vive certamente una situazione migliore. Questo è il contesto in cui ci muoviamo: la confusione è grande e il mondo è frammentato. È dunque inevitabile la domanda di sicurezza, di punti fermi.
Che cosa però ha fatto nascere il disagio di questi giovani immigrati, nati e cresciuti in Europa, che poi esploderà drammaticamente negli attentati di Charlie Hebdo e del Bataclan? Renzo Guolo ha analizzato bene la situazione francese nel suo ultimo libro “L’ultima utopia”, evidenziando come i primi segnali di una forte crisi sociale fossero evidenti da tempo.  La repressione, avvenuta nei primi anni 2000, della disperata richiesta di integrazione proveniente dalle banlieue parigine è un esempio di quelle politiche che hanno allontanato una parte dei giovani musulmani nati in Europa dai nostri valori condivisi.

Non è quindi possibile attribuire questi fenomeni a una presunta inclinazione naturale e necessaria dell’Islam. Lo spiega bene Paolo Branca: le visioni retrograde, antiscientifiche e irrazionali erano tipiche anche delle società contadine italiane degli anni ’50 e ’60. Il messaggio dell’ISIS affascina perché ristabilisce un ordine e attrae anche alcune donne, che riscoprono un ruolo all’interno di una comunità tradizionale. È un messaggio apocalittico, messianico, che annuncia la fine del mondo quando in realtà è solo la fine di un mondo, di un’epoca.

Questo però non deve spaventare: la situazione è instabile e caotica ma può e deve essere governata. Tuttavia, qui il rammarico dei relatori, spesso le semplificazioni e i punti di vista dei media occidentali non riescono a rendere tutte le sfumature di questi fenomeni complessi. Il primo passo deve quindi essere uno sforzo di comprensione per poi arrivare a un agire politico saggio che non ripeta gli errori del passato.

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