La storia del Friuli è per definizione coincidente a quella delle varie popolazioni, lingue e tradizioni che si sono susseguite nel nostro territorio. Di essa conosciamo i punti salienti, i luoghi principali e i personaggi che si resero protagonisti della loro epoca; ma se guardassimo indietro, molto più indietro, rispetto alla storia umana della regione penseremmo che non ci sia nulla di tanto speciale da raccontare o da vedere. Diremmo tra noi che non c’è mai stato nulla e il discorso si chiuderebbe lì. Nonostante ciò, l’interesse che possiamo avere nei confronti di una ricerca o di un racconto storico possiamo comunque trasferirlo a milioni di anni fa: le sorprese quindi non mancherebbero di certo.

Non molti sanno che una delle più importanti scoperte paleontologiche sulla prima era dei dinosauri è italiana e ancor più friulana. Nel 1982 Nando Buffarini scoprì, nei pressi di Preone, in provincia di Udine, quelli che in seguito vennero classificati come i resti fossili di un animale preistorico tra i più antichi mai rinvenuti in Europa. Tale animale era uno pterodattilo (o rettile volante), uno dei primi esemplari della sua specie, risalente al Triassico superiore. In onore sia del luogo di rinvenimento che dello scopritore gli venne dato il nome scientifico di Preondactylus buffarinii, abbreviato preondattilo.

La storia del suo rinvenimento è curiosa. La prima scoperta del 1982 non si concluse con un pieno successo: in corso d’estrazione, la lastra di roccia su cui il fossile era posto, essendo troppo sottile, si frantumò. Buffarini e la moglie tentarono quindi di ricomporre la roccia e ripulire con acqua lo scheletro; così facendo però lo intaccarono e conseguentemente il fossile andò perduto. Tutto quello che è rimasto corrisponde a una piccola porzione di una zampa che miracolosamente rimase intatta. Non passarono però molti anni che un altro rinvenimento fu fatto: nel 1984 venne rinvenuto un secondo esemplare nella forma di alcune ossa mischiate tra loro. Secondo alcuni esperti, la posizione delle ossa indicherebbe che lo pterodattilo fosse stato mangiato da un pesce predatore, o comunque un animale marino, che poi, ovviamente, avrebbe rigurgitato le ossa.

Tutto ciò, in apparenza pura descrizione di studi e ricerche scientifiche, può darci un’immagine dell’ambiente in cui il preondattilo viveva. 215 milioni di anni fa il territorio friulano e in genere italiano appariva molto diverso: le alpi carniche non formavano altro che un arcipelago tropicale con una vegetazione del tutto diversa da oggi. Antiche specie di felci, cicadi primitive (le cui foglie non erano ancora del tutto aghiformi), conifere e alcune varianti del ginkgo costituivano la flora del pianeta a ridosso delle fonti d’acqua. Il clima del Triassico infatti era per lo più arido e desertico nell’entroterra continentale. Una curiosità: il ginkgo biloba, che noi tutti conosciamo come albero dalle piccole foglie a ventaglio, è in realtà l’unico superstite giunto fino a noi di quella vegetazione. Infatti esso, comparso sulla Terra 250 milioni di anni fa, è considerato essere un autentico fossile vivente.

In questo ambiente costiero, data anche l’epoca primitiva, non esistevano grandi specie di dinosauri, terrestri, marini o volanti. Di fatto lo preondattilo non era di grandi dimensioni, di grosse esigenze: dall’apertura alare di 50 cm, più o meno l’apertura alare di un corvo, esso si nutriva principalmente di insetti e piccoli pesci. La sua alimentazione, nonostante vi sia ancora un dibattito in corso, è stata dedotta dalla presenza di denti aguzzi nella bocca e dal fatto che il nutrimento della specie, i ramforinchi (Rhamphorhynchidae) di cui il preondattilo faceva parte, prevedeva prede di piccola taglia.

Per l’epoca sicuramente non era il solo animale presente nel territorio friulano: assieme al preondattilo conviveva un’altra specie, sempre rinvenuta in Italia, l’eudimorfodon (Eudimorphodon ranzii), appartenente a un’altra famiglia di pterosauri, gli eudimorphodontidae. Per quanto riguarda gli animali marini, poiché i mari erano tropicali, è probabile che sotto la superficie dell’acqua vivessero vari generi di ammoniti e pesci la cui nicchia ecologica particolare oggi è occupata dalle sardine. Tra i rettili sicuramente erano presenti le prime forme degli ittiosauri, animali dall’aspetto simile agli odierni delfini, e alcune specie acquatiche simili alle tartarughe, gli enodi, o simili a coccodrilli dal collo allungato, i lariosauri. Va comunque sottolineato il fatto che la loro presenza nel territorio friulano non è testimoniata da fossili: data la fauna italiana dell’epoca, a riguardo si possono fare intanto supposizioni in attesa di eventuali altri ritrovamenti.

Per quanto riguarda la terraferma, in Friuli le testimonianze di dinosauri terrestri sono per lo più di epoche successive. Però anche del Triassico qualcosa si trova: in Val Dogna, in provincia di Udine, sono state rinvenute delle impronte di arcosauri, dinosauri primitivi dall’aspetto più simile a quello dei coccodrilli, di cui erano antenati, che non agli animali preistorici che siamo abituati a vedere e a conoscere. Sempre nei pressi di queste impronte sono stati rinvenuti i resti di alcuni nidi risalenti a 220 milioni di anni fa. Tali testimonianze di vita antica sono giunti fino a noi grazie alla particolarità delle rocce dolomitiche, le quali, nell’epoca preistorica, altro non erano che semplice fango o sabbia.

E’ poi noto che nel Parco nazionale delle Dolomiti friulane siano state rinvenute molte altre prove di presenza dei dinosauri, che prima, dato il territorio italiano del Mesozoico, si pensava non esistessero. Alcuni esempi indicano la presenza, dal periodo Giurassico in poi, di animali di medio-grossa taglia, carnivori e non. Tra questi, le impronte a noi note di epoca giurassica si riferiscono in particolare a un non noto animale della famiglia dei teropodi, famiglia alla base dell’evoluzione che ha portato agli uccelli attuali e di cui il più famoso esponente è il Tirannosauro.

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