Uno dei compositori più iconici della storia che affronta una delle più complicate prove musicali in assoluto. Il travagliato rapporto tra Mozart ed il quartetto per archi ha un inizio ed una fine ben precisi. Sandro Cappelletto racconta in maniera chiara ed esemplare questo legame fatto di difficoltà e soddisfazioni, fornendo al lettore le basi per comprendere appieno la sua opera.

Ne I quartetti di Mozart al profano viene spiegata l’origine e la struttura del quartetto d’archi, dove tutto deve essere limpido; nessuna possibilità di barare nel momento in cui gli strumenti devono dialogare con scioltezza l’uno con l’altro. Se l’immagine più comune di Mozart lo ritrae come un’artista toccato da Dio, capace di trasformare i propri pensieri in note sullo spartito immediatamente e senza errore alcuno, i pentagrammi dei suoi ventitré quartetti sono invece zeppi di correzioni, noterelle, appunti: la volontà di migliorarsi spinta al limite, verso una perfezione difficilmente immaginabile.

Location per ospitare questo incontro tra parole e musica a Pordenonelegge non poteva essere che il teatro, vero e proprio tramite unificatore tra i vari mondi dell’arte. Sul palco del Verdi Cappelletto è ben coadiuvato dalla competenza di Maurizio Baglini e dall’abilità del Quartetto Savinio nell’eseguire i brani mozartiani dal vivo.

Il primo quartetto viene composto da Mozart all’età di quattordici anni, durante uno dei suoi viaggi in Italia. Fresco delle nuove conoscenze sull’opera appresi all’accademia di Bologna, il compositore austriaco partorisce l’idea durante un trasferimento in carrozza. Appena arrivato alla locanda si recherà nella sua stanza, dove trascriverà immediatamente su pentagramma il lento incedere di viola e violoncello che caratterizza il primo movimento.

L’andamento dei successivi quartetti mozartiani segue inevitabilmente la vita del loro creatore, musicista dalla vita altalenante per eccellenza, capace di accumulare ingenti somme di denaro e di sperperarle in breve tempo.

La soddisfazione per i complimenti del caro amico Haydn, che dopo aver suonato i quartetti a lui dedicati definirà Mozart «il maggiore musicista che io conosca» corrisponde al momento di maggior successo della sua carriera; mentre i tre quartetti “prussiani” usciti postumi, probabilmente composti solo per non deludere la moglie Kostanze e non doverle raccontare del fallimento del suo viaggio in Germania per farsi commissionare un’opera dall’imperatore, testimoniano l’incapacità del Mozart uomo di controllare ormai la propria esistenza.

Gli applausi del pubblico per il bis del quartetto Savinio alla fine dello spettacolo sono il giusto tributo ad un gigante della storia della musica.

 

Photo by: Mattias Gerometta