La faccia intagliata sul cavigliere del violino Steiner, che al posto della tradizionale chiocciola fa da protagonista in questa storia, ne ha viste molte. Lo strumento di legno è infatti il collegamento tra i diversi fili intrecciati da Paolo Maurensig in Canone Inverso. In questo romanzo del 1996, lo scrittore goriziano si diverte ad ordire una trama concentrica che tiene in ballo il lettore fino alla fine, in un vorticoso walzer viennese, poiché è proprio Vienna che fa da sfondo alle vicende narrate.
La capitale della musica, colta in due momenti molto differenti, si presenta innanzitutto nella sua veste più gioiosa, con una panoramica per le strade estive affollate di turisti. Con una zoomata, veniamo infine trasportati all’interno di un’osteria. Quivi entra uno scrittore forestiero, il quale si trova in città per assistere a dei concerti in onore del trecentesimo anniversario della nascita di Bach. L’uomo si mimetizza in un angolo, osservando i comportamenti dei locali.

All’osteria, dopo l’ultima nota dei due suonatori di chitarra e zither, quando la notte sembra imporsi anche nei cuori dei più festaioli, fa il suo ingresso spettacolare il vero protagonista del romanzo, secondo solo al violino che regge in spalla dentro a una custodia. Il violinista comincia a suonare, ammaliando la sala con un gesto “che è al contempo di comando e sottomissione”, facendo scomparire con le sue note la sua veste logora e il suo ghigno beffardo. Fino a che qualcuno avanza una richiesta particolare
Un passetto indietro: il Canone inverso, in musica, è il rovescio speculare degli intervalli del tema principale di una partitura, suonati appunto al contrario. Non a caso il violinista, obbedendo a una richiesta che mette in palio ben 100 scellini, comincia a zittire il tormento dell’anima dei presenti, dando invece pieno sfogo alla sua, con le prime note della Ciaccona di Bach.

Quanto impiega, l’ultima nota di un brano musicale appena eseguito, a spegnersi?, si chiede lo scrittore alla taverna. “Non solo fisicamente, come vibrazione sonora, ma come vibrazione emotiva?”
Gli echi delle sonate che ognuna delle cornici del romanzo evoca e diffonde si sparpagliano sulle altre, mentre ci vengono raccontate le vicende di un giovane studente, rinchiuso tra le mura del prestigioso quanto letale Collegium Musicum, nonché quelle di un suo coetaneo di nobile stirpe. L’amico inviterà il violinista nella sua affatto umile dimora, un castello, dove un segreto che compromette gli animi e una verità stravolta segneranno le sorti dei personaggi.

L’altra Austria di cui ci parla Maurensig è quella accecata e remissiva di fronte all’annessione al Reich, poco prima della Seconda guerra mondiale. Anche lo stato d’animo di quel periodo ci è mostrato attraverso le conseguenze che si ripercuotono sulla musica, e in particolare su una eccezionale violinista di nome Sophie Hirschbaum, di cui il possessore dello Steiner è innamorato. Come quello strumento sia arrivato a lui, però, e come lo stesso finirà in una camera d’albergo a Londra dopo un’asta, rimane a voi da scoprire.

 

“Quel giorno, stanco, esasperato dal silenzio che c’era dentro di me da troppo tempo, mi ero scagliato con forza verso la musica, come chi, dopo aver bussato invano a una porta, decida, per disperazione, di abbatterla con una spallata. Mi ero infervorato in un Capriccio di Paganini che conoscevo a memoria, e tale era l’impeto con cui affrontai quel pezzo che dopo un po’ ebbi la sensazione di essere solo. […] Dopo un po’ mi accorsi che la mia non era un’illusione, che in realtà tutti gli altri avevano smesso di suonare per starmi ad ascoltare, o meglio, per starci ad ascoltare. Sì, perché qualcuno, in una delle celle contigue, stava eseguendo, all’unisono, il mio stesso brano.”