A Casacorba, piccola frazione di Vedelago, nasce il Sile, fiume simbolo della Marca Trevigiana. Sperduto fra i campi e i pioppeti di questo piccolo paese si trova un sentiero che porta al Parco Naturale Regionale del fiume Sile, oasi naturalistica che prosegue lungo tutto il corso del Sile e che qui si presenta solcata da un corso d’acqua ramificato, poco più di un fosso, che risulta difficilmente associabile al grande fiume che attraversa Treviso. Le sue anse sono costeggiate da passerelle e ponti in legno, dai quali è possibile ammirare le sorgenti del fiume, i fontanassi, acqua di risorgiva che sgorga dalla terra smovendo lo strato di sabbia e ghiaia che trova in superficie. Di queste pozze sorgive, un tempo diffuse nella zona, non rimane molto, a causa delle ampie bonifiche e tombinature che il territorio ha subito nel tempo. Proseguendo lungo il sentiero si esce dalla boscaglia che circonda il fiume, e si arriva in una radura dominata da un’imponente quercia. Si tratta per la precisione di una farnia, esemplare secolare, la cui specie, un tempo tipica del territorio, sta progressivamente scomparendo. Altro ecosistema un tempo diffuso nella pianura veneta e qui ancora presente è quello della torbiera, visibile, assieme alla fauna ad esso connessa, da appositi punti di osservazione, che rendono più discreto lo sguardo del visitatore.
Le acque del Sile, fiume che si estende per 95 km fino al mare, arrivano dal Piave e dal Brenta attraverso le vene di falda, e riemergono gorgogliando laddove la conformazione del terreno è composta dall’incontro di diversi tipi di sedimenti, e in particolare quando incontrano sbarramenti impermeabili di sedimento alluvionale, che non permette loro di proseguire oltre verso valle e le costringe a risalire in superficie. Il suo afflusso d’acqua stabile lo rese una risorsa fondamentale per padovani, travigiani e veneziani, che costruirono mulini e industrie lungo il suo corso, oltre che sfruttarlo come via d’acqua.
Nella seconda metà del Seicento la ricca famiglia veneziana dei Corner acquisì i territori nei dintorni delle sorgenti, fino ad allora patrimonio collettivo dei contadini della zona. Dal malcontento di questi ultimi nasce probabilmente la leggenda legata a questi luoghi, riflesso di una speranza di ottenere giustizia, ormai riposta solo nella fede. Si narra che un giorno la proprietaria dei terreni, passando con la sua carrozza nei pressi di un fontanasso, incontrò un sacerdote che camminava nel fango, seguito da due chierichetti, per andare ad assistere un moribondo. Il cocchiere fermò i cavalli, avvisando la donna che stava passando il Signore del Cielo. Ma l’arrogante signora intimò al cocchiere di proseguire poiché, se quello era il Signore del Cielo, lei era pur sempre la Signora della Terra. La terra allora si aprì con un boato, inghiottendo la carrozza con la sua proprietaria, cavalli compresi. Si salvò solo il cocchiere, che vide uscire dalla voragine una brutta cagna spelacchiata. La cagnetta, detta Cornara poiché in essa si era reincarnata l’anima della signora, si dice vaghi per i campi senza trovare pace, abbaiando nella notte.
Così si presenta il Sile in culla: come un santuario del vecchio paesaggio veneto che mescola natura, storia e tradizioni.
Foto by Stefano Tranchini
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