Eccoci ai piedi delle Alpi Orientali, dove immersa nel verde troviamo questa piccola cittadina fatta di pietre e storia: Polcenigo di oggi, Paucinicus di ieri. Luogo di nascita del fiume Livenza e del Gorgazzo oltre che patria di maestri dell’arte culinaria e della migliore seta del Friuli tra il ‘700 e ‘800, questo piccolo borgo è sopravvissuto al susseguirsi di secoli e di casate nobiliari che hanno lasciato la loro impronta sul profilo della città. Perché non ci addentriamo in questa realtà per curiosare di più?

Al nostro ingresso veniamo accolti da una statua che ricorda molto quelle presenti a Villa Manin a Passariano: non è una coincidenza, si sospetta infatti che sia stata portata dagli stessi Manin nel 1606 quando ottennero il titolo di Conti di Polcenigo. Un tempo al posto di questa statua si ergeva la Torre dell’Orologio con una volta sopra la strada, prima rovinato e poi distrutto da terremoti dalla metà del Settecento. Proseguiamo dunque lungo la strada verso il cuore della cittadina, lanciando rapidi sguardi agli edifici che una volta erano le dimore degli aristocratici e l’antica farmacia gestita dal dottore Pompeo Puppi, come ci illustra una lapide nelle vicinanze.

Arriviamo dunque in piazza dove ci accolgono eleganti edifici storici e la trecentesca chiesetta della Madonna della Salute: questo è il palcoscenico dell’annuale ricorrenza della Sagra dei Sest che raccoglie da secoli al suo cospetto artigiani e curiosi pronti a scoprire i tesori locali. Ci accorgiamo dunque di essere osservati dall’alto: ecco la nostra meta, il Castello di Polcenigo, che si erge su una collinetta come una fortezza. Decidiamo quindi di proseguire lungo la salita, superando Torre Croda, torre difensiva della seconda cinta muraria; seguiamo Via Sottocroda, una volta sede del Mulino di Sottocroda che usava le acque del Gorgazzo per macinare il frutto del lavoro dei contadini.

Ci fermiamo per un attimo di respiro, che ci viene rubato dal panorama mozzafiato che si presenta ai nostri occhi: pur non essendo ancora arrivati in cima riusciamo a vedere il nucleo del Borc avvolto dal verde rigoglioso e sentiamo lo scrosciare delle acque del Gorgazzo che scorre sotto i nostri occhi. Continuiamo ora che ci siamo ristorati.

Superiamo la chiesa di San Giacomo con il suo campanile nobilitato con elementi della casata della Serenissima Repubblica di Venezia nel ‘700 e il suo chiostro, e ci dirigiamo verso quella che è stata la residenza dei nobili per quasi un millennio. Sui ruderi di un castello medievale venne eretta questa villa veneta secondo il disegno dell’architetto Matteo Lucchesi, un tempo preceduta da un’imponente scalinata di 365 scalini, tanti quanti i giorni dell’anno: una leggenda racconta che il padrone faceva mettere ogni anno un presente di fiori per il compleanno della moglie, esattamente sullo scalino corrispondente al suo giorno di nascita. Di questa scalinata ben poco è rimasto, così come del castello stesso, se non immagini e disegni, come quelli presenti nel libro di Ermanno Varnier, Benvenuti a Polcenigo, che ha l’obiettivo di valorizzare questa gemma pedemontana che ha resistito come meglio è riuscita all’inesorabilità del tempo. Non solo disegni, ma anche leggende sono arrivate fino a noi, come quella che riguarda un passaggio segreto che collega il Castello alla piazza, una via di fuga in caso di attacco nemico: tutti sanno che c’è, ma non è ancora stata trovata.

Quello che è certo è che il Castello continua la sua esistenza nonostante il disuso: lo si trova in tracce sulle mura di case sparse per il borgo, in quanto i suoi pezzi contribuirono all’urbanizzazione, oltre che sul colle, da dove osserva la tranquillità e la festa del borgo, come testimone di segreti persi nel tempo.

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