L’anno cinematografico inizia a svelare le sue carte, e nelle sale escono quelli che saranno, con molta probabilità, i protagonisti dei prossimi premi Oscar. The Imitation Game è uno di loro ma, seppur toccando argomenti e fatti storici nobili, si è rivelato una mezza bufala.

Perfetta macchina da guerra macina soldi e premi dei furbetti fratelli Wenstein, The Imitation Game racconta la tragica storia del matematico Alan Turing, genio che contribuì a far perdere la seconda guerra mondiale ai tedeschi per poi finire in disgrazia e morire suicida. Il film del mediocre Morten Tyldum è confezionato per piacere alle platee mondiali, mischiando al meglio dramma introspettivo e “eroismo” che ricatta con la lacrima facile lo spettatore. E’ un film, per fortuna, di attori: le performance di Benedict Cumberbatch, Keira Knightley e dei coprotagonisti reggono da sole la pellicola, ma vengono sporcate da una regia anonima e da una sceneggiatura che non sa bene che piega prendere. Si parla di fatti storici, di omosessualità, di repressione omofoba, senza però approfondire o rendere protagonista della vicenda nessuno di questi. Manca il coraggio di denunciare un’ulteriore miopia umana nei confronti di un uomo che meriterebbe di essere un modello da imitare, ma le sue gesta e la sua disperata morte vengono quasi sminuite in favore di un racconto cinematografico che si fa dimenticare presto. Poteva essere un capolavoro sull’autodistruzione, o meglio sull’autorepressione, di un uomo che avrebbe avuto bisogno di essere seguito e aiutato nella sua autodeterminazione, senza dover sentirsi sempre giudicato e punito. L’unica cosa che traspare e rimane dalla visione del film, è il rammarico di aver perso troppo presto il genio di Turing vittima dell’ignoranza che spesso ammazza i protagonisti della Storia, dimostrando che dagli sbagli non si impara. Sicuramente sentiremo parlare molto di The Imitation Game durante la cerimonia degli Oscar… ma lo merita veramente? A voi la sentenza.

 

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