La mamma è sempre la mamma, ma spesso i figli la portano allo sfinimento: sembra più o meno questo l’assioma che muove l’ultimo film di quel geniaccio di Xavier Dolan. Mommy è il quinto lavoro del venticinquenne regista canadese, che in soli 5 anni è riuscito ad entrare nell’olimpo dei cineasti più promettenti. Nonostante la sua giovane età, Dolan dimostra ancora di saper maneggiare con maestria la macchina filmica, regalandoci nuovamente un piccolo capolavoro. Meno originale e “dadaista” dei precedenti film, Mommy ci racconta il rapporto di amore e odio tra una madre e un figlio, in bilico tra sanità mentale e troppo affetto. Sconvolge, commuove, diverte e man mano diventa un pugno nello stomaco, soprattutto perché la sceneggiatura sembra scritta da un adulto che ha fatto/visto molto nella vita. Invece Dolan è giovane, quasi come il suo protagonista, e forse sta in questo la sua forza, una mente quasi vergine ma che, forse, rielabora la sua biografia per esorcizzarla. Mommy è per il 90% presentato attraverso un formato inusuale (4:3), una persona o un oggetto per inquadratura, vira nel panoramico solo nei momenti in cui i personaggi si sentono più liberi e hanno fiducia nel futuro. E’come se ci fosse indicato il loro isolarsi in un mondo, triste e problematico, in cui poche persone possono entrare, ma la vita, si sa, nonostante tutto può regalare momenti di ampia speranza. Dopo aver mostrato madri disamorate e sbadate, qui Dolan mostra l’amore con la A maiuscola, fatto di rinunce e angosce. Mommy è pop, soprattutto nella colonna sonora, è ordinario nel suo sviluppo centrale, ma è un gran film che ti lascia con molta amarezza. Lo consiglio a chi è madre o padre, ma soprattutto a chi è figlio. Credetemi alla fine non riuscirete a scrollarvelo facilmente di dosso…

 

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