Solo Stefano Benni è capace di creare una raccolta di storie all’interno di una storia, con tale ingegno e maestria da farla sembrare davvero il racconto della vita di un nonno, Nonno Stregone, nel paesino in cui vive, Montelfo. Dal figlio emigrato in America gli giungono solo le note lontane di un pianoforte, trasportate dall’aere: il nonno è infatti capace di percepire tutto, che sia cosa umana, animale o divina.

A Montelfo ci sono gnomi, un agile cinfalepro  e un gargaleone dalla carne prelibata, oltre a una variegata gamma di personalità che danno forma ai cittadini.  Pilastro della comunità è (naturalmente, per chi conosce Benni) il Bar Sport, agorà paesana, luogo di culto e incontro, luogo di scambio, centro politico economico e sociale guidato dall’oste Trincone Toro. Sul bar, sul paese e sulle anime incombe una minaccia: possenti gru annunciate da mostruosi rombi avanzano ingoiando la foresta, che separa il borgo retrogrado dalla periferia della città. Bisogna decidere, prendendo in prestito le parole di un altro personaggio a me caro, “tra quello che è giusto e quello che è facile”. Una rimodernizzazione del borgo, come quella proposta dall’imprenditore Settecanal appoggiato dal sindaco Velluti, attirerebbe visitatori, aumenterebbe l’incoming e permetterebbe ai paesani di aprire e specializzarsi in nuove attività.

Mi hanno offerto un sacco di soldi per il Bar Sport. E mi lascerebbero gestire il nuovo bar dentro il supermercato. E potrei metterci le slot machine e un megaschermo per vedere le partite a grandezza naturale.
Certo, al bar ci tengo. Mi sono fatto un culo così per mandarlo avanti. Era il bar di mio nonno e di mio padre. Cazzo, ho le idee confuse. A volte penso che la vita sia come un treno, che te viaggi sul vagone di mezzo. All’improvviso i vagoni di dietro frenano per fermarsi e quelli davanti accelerano. Il passato e il futuro ti tirano da due parti diverse. Ti spacchi in due, e non sai cosa fare.

Se ripenso ad esperimenti simili mi viene in mente Se una notte d’inverno un viaggiatore, di Calvino, ma laddove quest’ultimo confonde, Benni illumina. Le storie che intervallano la narrazione principale alimentano il fuoco che rende vivi personaggi, di cui poco a poco irrimediabilmente ci invaghiamo: l’aggiustatutto Ispido Manidoro, i fratelli Trincone (Trincone Toro, Trincone Carogna e lo sfortunato Trincone Amoroso) col cane Merlot, il profeta Melone e Maria Sandokan, la parrucchiera Frida Fon e il menagramo Curnacia, che porta sempre sfiga.
Di tutte le digressioni, la mia preferita riguarda il tumulto che tempesta la località nel periodo in cui due cuochi prestigiosi si confrontano dalle rispettive e opposte cucine: parlo di Rasputin, sanguinolento cacciatore, e Sofronia, fervida vegetariana. Per sapere chi vincerà la sfida tra menù e orgogli non resta che addentrarvi tra le pagine. In serbo c’è anche un delitto perpetuato con un ghiacciolo e un contadino che scopre le love chat sul web.

Benni è un geniale autore comico che abbiamo la fortuna di avere in Italia e in questo libro dà il meglio di sé, facendoci cadere in un trisogno dal quale ci risvegliamo divertiti e forse anche un po’ saggi.

– Non sarà mai felice, – diceva – la felicità è come l’acqua. Non arriva in un momento, bisogna trovarla, preparare la pompa, fare un pozzetto, mettere le tubature e i rubinetti. Dopo che te la sei conquistata con fatica, allora la puoi bere.