Libertà. Follia. Amicizia. Questi gli ingredienti di On the road, il romanzo autobiografico di Jack Kerouac divenuto il manifesto della Beat Generation. Per comprendere questo testo, è fondamentale innanzitutto calarsi nel contesto storico nel quale l’autore l’ha concepito.

Kerouac cominciò a scrivere On the road nel 1948, durante un periodo di pausa dai viaggi che stava compiendo dall’anno precedente. Erano gli anni difficili che seguivano una guerra difficile e, anche se gli Stati Uniti vi erano usciti rafforzati, ora che la guerra si era conclusa le tensioni con l’Unione Sovietica stavano dando forma a quel logorante conflitto che avrebbe caratterizzato la seconda metà del secolo – la Guerra Fredda. Molte situazioni problematiche all’interno del grande paese stavano venendo alla luce, e fra queste trovava terreno ideale per crescere il germe dei movimenti giovanili. La Beat Generation diede il via a questa grande e folle protesta: concepita alla Columbia University durante un incontro fra Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Lucien Carr e altri, la corrente diede voce ai desideri di contestazione, distaccamento dalla società, ricerca disperata e continua che animavano i giovani americani. Ed è proprio di questo che parla On the road: di libertà, follia, amicizia, ricerca in se stessi e nel mondo.

Nello specifico, il romanzo rappresenta una sorta di diario letterario dei numerosi viaggi che l’autore compì nel giro di quasi quattro anni, dal 1947 al 1950. Protagonista della storia risulta, tuttavia, non Sal Paradise (il personaggio che rappresenta Kerouac) bensì Dean Moriarty, l’incarnazione letteraria di Neal Cassady, “musa” di Kerouac e simbolo dell’intero movimento Beat.
Quando Kerouac conobbe Cassady ne fu affascinato – proprio come nel romanzo Sal è del tutto attratto dalla personalità di Dean – tanto da decidere di seguire il nuovo amico da New York a Denver la prima volta, nel luglio 1947, anno in cui comincia anche la storia del libro. A partire da questo primo, incredibile viaggio, le vite di Kerouac e Cassady procederanno intrecciate per diversi anni, così come quelle di Sal e Dean.

Ciò che risulta davvero incredibile, soprattutto agli occhi di un lettore contemporaneo, è come la sostanza del romanzo sia fedele – in tutta la sua assoluta e particolare forma di follia – al vero resoconto dei viaggi di Kerouac e Cassady, ed alle loro rispettive vite. On the road non è solamente il diario di un’esperienza sorprendente, ma una rappresentazione veritiera e spontanea (come la scrittura degli autori Beat) di un’America che non esiste più; l’America delle infinite possibilità, delle impossibili combinazioni, delle personalità più assurde ed improbabili. Un dipinto limpido ed avvincente, che Kerouac offre ad ogni lettore che vi si voglia immergere.