A vederla da vicino, potrebbe sembrare che la Storia della seconda metà del XX secolo si possa riassumere in un laborioso e frammentario suggerimento: che il confine tra poesia e azione, penna e rivoltella, velleità e praticità, sia a tal punto etereo da far legittimamente dubitare della sua esistenza. Capita che mi figuri personaggi come Alexandros Panagulis, Che Guevara, Errico Malatesta, in evidente difficoltà alla domanda:
«E Lei, caro Signore – quale sarebbe il Suo mestiere?»
In questi casi riesco quasi a vederli, i palmi sudati e gli occhi sfuggenti, incapaci di trovare una risposta adeguata: queste sono alcune – ho incluso solo gli sconfitti, che mi suscitano sempre più simpatia dei vincitori – delle personalità che hanno scoperto fissa dimora in quel vallo: né scrittori né rivoluzionari, lottano per la Poesia e scrivono per la Rivoluzione.
Nipote di un anarchico andaluso amante del Don Chisciotte, Luis Sepulveda manifestò prestissimo entrambe le propensioni: a tredici anni militava attivamente nella Juventud Comunista e scriveva articoli e brevi racconti per la scuola. Riuscì, attraverso una grande ammirazione e un breve corso di tattiche militari, ad entrare in una formazione autonoma volta alla protezione dell’allora Presidente del Cile Salvador Allende (in foto è l’uomo con gli occhiali e l’elmetto, poche ore prima della sua morte), chiamata ironicamente Grupo de Amigos Personales (o GAP). Incarcerato dopo il colpo di Stato, subì il trattamento che le dittature di ogni epoca hanno con somma gioia riservato ai propri detenuti politici, fino a quando l’intervento di Amnesty International forzò Pinochet a commutare la pena in un esilio che sarebbe dovuto durare otto anni. Nel 1979 si unì alle Brigate Internazionali “Simon Bolivar”, attive nella guerriglia nicaraguense. Durante tutto quest’arco di tempo, e fino ad oggi, non ha mai rinunciato alla scrittura di romanzi, racconti, opere teatrali e poesie, alla sceneggiatura di film, alla direzione di documentari: in ognuna delle sue opere si può annusare l’empatia, la propensione alla condivisione, la compassione che sono, in modo molto profondo, legate strettamente sia al Socialismo che al Sudamerica.
E Corazon Verde, documentario di Sepulveda e Diego Meza, soddisfa le aspettative: racconta la lotta di un gruppo di uomini che riescono, per una volta, a fermare gli interessi economici legati alla produzione dell’alluminio, e con la sola e misera arma della verità.
Una vittoria che tuttavia non può intaccare la mia, viscerale, simpatia per Luis.