La cecità attuale derivava da un eccesso di visione: apparenze scollegate da ogni sostanza reale, lasciate a galleggiare sul nulla, al servizio di nulla, staccate da ogni fonte di sangue e di vita.

Tra la fine degli anni novanta e l’inizio del secondo millennio, anni prima dell’avvento dei social network e dell’anarchia virtuale del mondo che conosciamo oggi, Jennifer Egan scrive un romanzo a tutti gli effetti orwelliano, in cui un panorama umano disturbato, ossessivo e tendente all’autoalienazione appare completamente privato di qualsiasi legame con ciò che lo circonda. Muovendosi sempre oltre il semplice scenario antiutopico, la Egan non si limita a tratteggiare la desolante scenografia su cui si muoveranno i suoi personaggi, ma dà a ciascuno di loro una forma propria e caratterizzante, controversa e paradossale: costantemente alla ricerca di identità in un universo cieco, nell’incubo postmoderno, si perderanno proprio quando avranno creduto di essersi ritrovati, morendo lentamente nella calma piatta della normalità.

 

Charlotte Swenson, modella trentacinquenne che ha già vissuto e superato l’apice della carriera, resta vittima di un incidente stradale che le sfigura il volto. Miracolosamente ricostruito con ottanta viti di titanio, la rende irriconoscibile e la priva dell’unica certezza a cui avrebbe ancora voluto aggrapparsi: la spendibilità, il valore di mercato del suo aspetto, consapevolmente venduto più e più volte in nome di un sogno sfuggente e annientante. Dopo vari e fallimentari tentativi di ricostruire la propria carriera, accetta la proposta di un giovane imprenditore e costruisce il duplicato virtuale della propria esistenza, un pacchetto di immagini, pagine di diario e materiale audiovisivo da vendere su una piattaforma web, che verrà messo a disposizione di chiunque si abboni al servizio e voglia conoscere la realtà quotidiana di una Persona Fuori dal Comune. Una lauta ricompensa in cambio di un’intrusione totalizzante nella sua vita, assolutamente autorizzata e consapevole. Nel frattempo, la scomparsa di un noto agente e gestore di discoteche newyorkesi suscita l’attenzione di un investigatore privato, che la contatta per un aiuto sul caso proprio mentre nella sua città natale, Rockford, una ragazzina sua omonima inizia una relazione con un giovane professore di matematica. Un filo sottile corre per tutto il romanzo, collegando ogni personaggio ed esplorando la violenza di ogni solitudine, di ogni disperato tentativo di sopravvivenza.

 

Pubblicato in Italia solo nel 2012, quando la triste profezia della Egan si era già in parte avverata, Guardami è un romanzo audace, che si spinge nella profondità oscura e indesiderata dell’essere umano, scavando oltre l’esteriorità e mettendo brutalmente in luce le ossessioni e le speranze che ci si costruisce nell’infinito vorticare dell’era dell’informazione, dell’appiattimento e della solitudine: capiamo come, contrariamente a quanto si tende ad affermare a posteriori, il fascino della rete sia una delle tante conseguenze di un’alienazione e un’anestesia collettive difficili da bloccare. L’universo virtuale è il caos della vita ridotto ai minimi termini, stilizzato, personalizzabile e sostituibile: una sfera astratta e intoccabile, un concetto atemporale e ammaliante. Il sogno moderno, complotto a danno di miliardi di menti sonnolente, costringe i più sfortunati, coloro che con più chiarezza degli altri percepiscono la frammentarietà del vivere, a difendersi in ogni modo possibile, a porre una breve e asfittica resistenza.

 

Un romanzo che ci chiede, prima di tutto, di pensare e agire nel qui ed ora, e che colpisce con la potenza sferzante della sua prosa, lucida e compatta. Profondamente inquietante, ma assolutamente necessario.

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