Conosci quella poesia di Heine, in cui racconta di aver trovato una lacrima nell’occhio, una vecchia lacrima, rimasta lì da chissà quanto? Una lacrima che apparteneva a una stagione ormai conclusa della sua esistenza, e dunque anacronistica. Non sa spiegarsene la ragione, eppure eccola lì, e le parla in modo così dolce… “Antica, solitaria lacrima…”

E’ una fredda sera d’inverno quando la giovane Myra Driscoll, erede di un’immensa fortuna, fugge per l’ultima volta dalla propria casa d’infanzia per sposare Oswald Henshawe, giovane di rango decisamente inferiore al suo. Rinuncerà per sempre al denaro, alle comodità materiali e al rispetto che la ricchezza le aveva sempre garantito: orfana di entrambi i genitori e cresciuta con un vecchio prozio, divenuto ricco grazie al duro lavoro della gioventù, si affaccia alla vita adulta con la fiera convinzione di non avere nulla da perdere.

Eppure, quando anni più tardi la giovane Nellie le chiederà se il suo sia stato un matrimonio felice, la risposta di Myra sarà deludente: “Felici? Oh, sì, come la maggior parte della gente!” Qual è stato e dove è rimasto, allora, il coraggioso lampo di audacia che ha portato ad una scelta simile? Quale il senso di un tale sacrificio? Perché fuggire da una vita di agi e comodità per piombare nella noia, nella mediocrità e nell’incertezza?

In Il mio nemico mortale, pubblicato per la prima volta nel 1926, Willa Cather disseziona in pochissime pagine una consapevolezza senza tempo: quella, velata d’ironia e dal retrogusto amaro, di essere diventati tutto ciò da cui si è sempre cercato di fuggire. La sfrontatezza e la passione della gioventù, così forti da essere il motore di tutto il nostro mondo, si piegano lentamente con l’avanzare degli anni, fino ad arrendersi alla dura evidenza materiale e al realismo. Myra, altera e fiera, dall’umorismo schietto e salace e dalla presenza vagamente ingombrante, è ancora dentro di sé la giovane donna affascinante che fece innamorare un giovane di buone speranze; fuori, però, la realtà del suo corpo, sempre più fragile e anziano, e delle ristrettezze economiche, la riporta di fronte alla gravità della propria scelta e all’inconsistenza del proprio vissuto.

Sono davvero i sentimenti più forti della sete mortale di ricchezza, agio e adulazione? Quello che per Myra è più doloroso non è la risposta negativa alla domanda, quanto la speranza svanita di poter assomigliare a chi avrebbe voluto essere in gioventù: forte, ribelle, coraggiosa. In questa favola dal sapore aspro, che ci riporta in un’America diversa ed altezzosa (dove l’inverno a New York assomiglia ad “un orso polare tenuto al guinzaglio da una bella signora”), Willa Cather tratteggia una personalità antica eppure attuale, in cui un aut aut crudele si impone con forza sui sentimenti. Il mio nemico mortale, che si divora d’un fiato (quasi come la protagonista brucia dietro di sé le tappe della propria esistenza), è la storia di una donna nella sua essenza più vera, privata del romanticismo e di ogni stereotipo.