Se seguite la campagna elettorale per le primarie americane sicuramente saprete i nomi di tutti i candidati di ambo le parti, con i trascorsi di ogni candidato e i colpi di scena degli spettacolari dibattiti televisivi. Saprete che per i democratici ci sono tre candidati, anche se in Italia si parla praticamente solo di due di loro.

Se però pensate che i candidati democratici siano davvero solo tre vi sbagliate di grosso: ce ne sono quattro e uno, oserei dire, occupa gli schermi di mezzo mondo più di tutti gli altri; si chiama Frank Underwood, o meglio, Francis J. Underwood.

Se non lo conoscete sarebbe ora che voi lo faceste: è stato il 46esimo Presidente degli Stati Uniti e il suo mandato sta per finire, ed è candidato presidente democratico. E a colpi di spot sta promuovendo la sua campagna elettorale, che è già iniziata nella terza stagione e che ha già visto la vittoria di Underwood in Iowa.

Nella nuova campagna pubblicitaria per promuove la quarta stagione, quelli di House of Cards, si stanno esibendo in un gioco di contaminazione della realtà politica con la fiction a mio modesto avviso senza precedenti: i profili social della serie si sono rivestiti come se il Presidente frutto di un’idea originale di Michael Dobbs stesse davvero cercando di essere rieletto. Il 15 dicembre, cioè in corrispondenza al GOP debate, attraverso uno spot andato in onda durante la pubblicità, il Presidente è apparso per annunciare la sua candidatura.

Una cosa simile era già avvenuta in occasione di un corrispondents dinner del 2013, quando House of Cards e alcune delle più grandi personalità politiche degli USA si misero insieme per creare un corto in cui Frank appariva manipolare la distribuzione degli inviti alla cena stessa.

L’11 gennaio è arrivato il secondo spot elettorale, in cui il Presidente cerca di promuoversi ma che mostra anche momenti salienti – per la loro negatività – delle stagioni precedenti.

House of Cards è una serie innovativa sotto molti punti di vista, e non sta deludendo nemmeno per quanto riguarda la pubblicità e la capacità di mischiare fiction e realtà politica. Aspettiamoci delle belle.

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