Nel pomeriggio di sabato 29 novembre, presso la sede della Propordenone, si è svolto un incontro che ha riportato la città alle sue radici. Protagonista è stato Paolo Taiariol, autore del terzo volume dedicato alle acque di Pordenone, un’opera che intreccia storia, geografia e memoria collettiva.
Il suo nuovo libro Storie di acque e di laghi tra Pordenone e Porcia ha l’obiettivo di avvicinare il lago della Burida alla città e rendere omaggio al professor Vanni Perosa, docente e alpinista scomparso nel 2023 durante una scalata. Perosa, ricordato dal Gazzettino con una pagina intera, era un punto di riferimento per le tecniche di arrampicata e aveva spesso dialogato con Taiariol sulle ricerche idroelettriche, fornendo preziose informazioni su dinamo e alternatori, poi confluite nel volume.
Per l’autore, tornare alla Pro Pordenone è stato un ritorno alle origini: la sua prima pubblicazione riguardava le rogge cittadine, mentre la tesi di laurea era dedicata alle attività industriali che sfruttavano l’acqua. Le rogge descritte due volumi precedenti sono state la Roggia dei Molini ( La roggia dimenticata, Edizioni L’Omino Rosso, 2019), la più importante della città, e la Roggia Vallona (La Vallona. Madre di tante rogge e di cinque laghi, Edizioni L’Omino Rosso, 2022), accompagnate dalle fotografie di Gino Argentin.
Il libro nasce dall’esigenza di descrivere tutte le rogge ancora non trattate. Una mappa raccoglie corsi d’acqua, rigagnoli e risorgive della zona nord di Pordenone, che confluiscono nel Noncello. Non solo acque sorgive: molte rogge furono alimentate da canalizzazioni del consorzio Cellina Meduna.
Tra i corsi d’acqua analizzati troviamo la Roggia Codafora, conosciuta con numerose denominazioni (del Ponte Secco, di San Giovanni, di San Antonio, della Cartiera), che delimitava il centro storico insieme alla Roggia dei Molini. Le acque, addossate alle mura, fungevano anche da difesa. Disegni del 1594 e del 1762 testimoniano la capacità dei pordenonesi di “costruire l’acqua”, deviando gli alvei per alimentare cartiere come quella degli Ottoboni. Nel XIX secolo, progetti come quello dell’ingegner Lucio Poletti per via Mazzini mostrarono ulteriori ramificazioni.
La Codafora fu utilizzata da numerose attività produttive, che meritano di essere ricordate una per una:
- la filanda Giuseppe Brunetta, centro della lavorazione tessile.
- la falegnameria Antonio Zanette;
- l’officina di Giacomo Miss, con la collaborazione di Vittorio Zampolli per la riparazione di motori;
- il filatoio Pietro Bassani, uno dei più importanti filatoi ad acqua del Nord Italia, purtroppo distrutto da una piena della Codafora;
- la lavorazione del ferro battuto di Bortolo Brisotto, celebre per gli articoli destinati ai cimiteri;
- la Ceramica Galvani, che utilizzava l’acqua per macinare i materiali e produrre ceramiche e terraglie;
- la cartiera San Marco, attiva dal 1460 al 1934, che condivise gli spazi con il Pastificio Angelo Tomadini (in piazza della Motta, poi trasferito in via Benedetto Martello dopo l’alluvione del 1966).
Queste attività dimostrano come l’acqua fosse l’elemento fondante delle industrie pordenonesi: dal Quattrocento in avanti, le rogge hanno alimentato ruote idrauliche, dinamo e alternatori, diventando motore di sviluppo economico e sociale.
Accanto alla Codafora, la Roggia dei Cappuccini (anticamente di San Gottardo) scorreva nei pressi del convento e della chiesa inglobata nel Cinquecento e demolita nel 1810. La mappa napoleonica del 1809 ne mostra il tracciato fino alla chiesetta di San Lazzaro. Oggi la roggia è celata dalla vegetazione, ma un tempo alimentava attività come quella dei Corai, produttori di cordami dal 1853, che sfruttavano laghetti e turbine idrauliche.
Queste acque, dunque, non furono solo elementi naturali, ma veri motori di sviluppo. La loro storia racconta di una città che ha saputo trasformare un bene comune in energia, lavoro e progresso, lasciando tracce indelebili nel paesaggio urbano e nella memoria collettiva.
Nato a Pordenone il 5 gennaio 2006, mi sono diplomato al liceo scientifico Michelangelo Grigoletti. Amo dedicare il mio otium allo studio della meccanica quantistica e alla lettura appassionata dei tragici greci, ma il mio occhio ha anche una forte attrazione estetica per l’arte pittorica, specialmente per quella contemporanea. Sento che il connubio di queste passioni possa dare un importante contributo alla valorizzazione del territorio pordenonese e a sviluppare le sue potenzialità per gli anni a venire.