La storia infinita è un must assoluto. Può sembrare un’affermazione esagerata e perentoria (e in effetti un po’ lo è) e non è mia abitudine farne, ma per questo libro mi sento di fare un’eccezione. Non capita spesso, infatti, di leggere libri come questo. Non è una semplice storia. E’ infinita. Lo è perché racconta di un mondo che nasce, si distrugge e rinasce ciclicamente, come Auryn, il serpente che si morde la coda. Lo è perché racconta di come la fantasia non abbia limiti. Lo è perché ha diversi livelli di lettura e ogni volta che uno rilegge il libro ne scopre uno nuovo. Lo è, infine, perché tocca l’animo sensibile, che è infinito anch’esso.
La storia è arcinota (anche per colpa dei film, che riescono a trasmettere una percentuale minima dei messaggi che il libro contiene): Bastiano Baldassarre Bucci, ragazzino goffo sempre deriso dai suoi compagni, trova e ruba in libreria uno strano libro scritto con due colori diversi, intitolato appunto La storia infinita. Nascosto nella soffitta della scuola comincia a leggerlo e non se ne può più staccare: vi si racconta che in un magico paese, Fantàsia, il Nulla sta divorando ogni cosa senza che si possa evitarlo. Rappresentanti provenienti dai diversi popoli del paese si recano dalla Infanta Imperatrice, la regina di Fantàsia, per sapere cosa fare: si decide di inviare Atreiu, un giovane cacciatore, alla ricerca di un salvatore per il regno. Di come Atrieu entri in contatto con Bastiano e di come sarà lui, entrando nel libro, a salvare quel mondo magico non dirò, per non rovinare la sorpresa a chi ancora non avesse letto il libro e volesse celebrare il suo 30° ‘compleanno’ riempiendo questo vuoto. A lui, e a chi volesse approfittare dell’occasione per rileggerlo, suggerisco brevemente solo alcune delle chiavi di lettura di questo classico.
Innanzitutto un invito a non tarpare le ali alla fantasia e alla creatività. Il nulla avanza: sarà la tecnologia che invade la vita, specialmente dei bambini, sarà il vuoto esistenziale, sarà il nichilismo culturale, sarà quel che sarà. Ma avanza, e da facoltà come la creatività (da ‘creare’: la ‘creazione’ e il dare il nome alle cose sono uno dei temi chiave del libro) può nascere il rilancio, la reazione, la ricostruzione.
Poi la conoscenza di sé: Bastiano è quello che si potrebbe definire uno ‘sfigato’, bruttino, impacciato, timoroso. Quando ha la possibilità di trasformarsi in un eroe coraggioso, forte, intelligente e di essere come avrebbe sempre voluto, all’inizio prova la vertigine del successo, ma poi, pian piano perde la memoria del suo passato, dimentica persino come si chiama, perde la sua ‘storia’ e diventa drammaticamente il ragazzo senza nome, fino alla ‘redenzione’ finale che è commovente. I desideri, anche audaci, e il potere quasi assoluto, non possono farci dimenticare quello che realmente siamo. In questo senso La storia infinita è un vero e proprio romanzo di formazione.
E ancora, la lingua e la composizione letteraria: ogni capitolo è contrassegnato da una lettera dell’alfabeto, dalla A alla Z. Ventisei lettere (Ende è bavarese, e tante sono le lettere dell’alfabeto tedesco), ventisei capitoli. Ma con quel numero finito di suoni si possono creare infinite storie. E man mano che si procede nella lettura colpisce quanto sia rigogliosa la fantasia dell’autore nell’inventare personaggi, città, creature magiche, situazioni; e si ha l’impressione proprio di una forza travolgente, tanto che in più di un’occasione è costretto a dire
ma questa è un’altra storia, e si dovrà raccontare un’altra volta.
Con queste premesse non mi sentirei di definire ‘fantasy’ il genere di questo libro. Mi sembrerebbe riduttivo. Perché nella letteratura fantasy il lettore se ne va a zonzo in altri mondi in compagnia di personaggi favolosi e gode di questa evasione. Qui c’è di più. Qui pure si viaggia nel Deserto Colorato, nella Città d’Argento, nelle Paludi della Tristezza e in mille altri luoghi fantastici, ma alla fine ti viene voglia di stare ben saldo coi piedi per terra e di scoprire che le vere avventure si vivono trovando un modo di realizzare i sogni e i desideri più arditi camminando per le strade della realtà.
Articolo originariamente apparso su Cogito et volo, scritto da Guido Vassallo.
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