Che cos’è la verità, come ne hanno parlato gli intellettuali dalla grecità ad oggi? Questo è l’arduo tema di discussione che i tre protagonisti sul palco, Filippomaria Pontani (Università Ca’ Foscari), Lucia Prauscello (University of Cambridge) ed Elisa Bugin, hanno scelto.
Pontani inizia la discussione circostanziando il tema. All’inizio del XX sec. in Germania tragedie quali le Troiane e l’Antigone vengono riviste legandole alla Prima Guerra Mondiale. La rivisitazione dei classici è un momento essenziale per capirne la vera portata di rivelatrici di verità.
La parola ueritas è legato al sanscrito var che è legato al concetto di credibilità, chiarisce Prauscello. Verum è ciò che è contrapposto a obscurum, in latino. Ἀλήθεια ha un’altra etimologia perché è legata a λανθάνω e significa ‘ciò che non viene nascosto alla memoria’. È un ben altro concetto di verità e non ha ragione Heidegger: la verità non è, cioè, una proprietà dell’oggetto. L’ἀλήθεια, come nota Snell, non è una proprietà dell’oggetto, bensì del discorso. Siamo noi parlanti che diamo verità a una proposizione, a un argomento. È la verità della ragione e quindi le verità possono essere varie, come vediamo anche nella tragedia. È una proprietà che è una ricerca, un esercizio intellettuale.
In questo senso però si scorge subito una contraddizione: le occorrenze di parole legate a ἀλήθεια sono poche in tragedia, sono molto più frequenti le parole che ne designano, negativamente, il contrario. La tragedia presenta molteplici verità, ed è una tensione verso l’eliminazione dei suoi contrari. La ricerca dell’Edipo Re è la ricerca della verità sul perché Tebe stia morendo e come si possa risolvere il problema, che però in realtà è la ricerca della verità su sé stesso. Bruno Snell parla della doppia determinazione: ogni fatto ha una determinazione, una verità divina ma anche umana e la conclusione di Edipo è accettare questa verità delle cose, anche quando, come lui, si è irresponsabili.
Il ruolo della verità nella modernità? Come la si svela oggi? Ne parla la Bugin, parlando dell’attualissimo tema della satira, che secondo lei non deve avere limiti nello svelare lati della verità: la satira, infatti, non sempre deve far ridere, ma anche pensare. Il sindaco di Amatrice su Charlie Hebdo? Ha sbagliato. Evidentemente non è andato oltre alla rabbia, interrogandosi sul perché di quelle vignette, sul loro senso. La libertà è direttamente proporzionale alla nostra capacità di ridere riconoscendo il vero, che ci rende liberi.
Nato negli USA, da sempre vivo in Friuli. Laureato in Lettere Classiche, sono laureato in Filologia Classica presso il Collegio Superiore dell’Università di Bologna e in Studi Interdisciplinari Europei al Collegio d’Europa, campus di Natolin. Fieramente europeo, le mie giornate son in perpetua oscillazione tra Omero e il Manifesto di Ventotene. Opero giorno per giorno per costruire una nazione, un continente, una comunità che riconoscano il valore della cultura e che in essa si riconoscano.