Tempo fa, mentre trascorrevo un po’ di tempo su Internet, mi sono imbattuto in una foto che ha da subito attirato la mia attenzione. La foto mostrava una casa abbandonata, costruita ai margini del bosco di Tramonti di Sopra sul cui muro qualcuno aveva scritto in modo molto visibile “Atènz ai Salvàns!” (Attenti ai Salvans).

Da qui una serie di domande; perché la necessità di un avvertimento? Ma soprattutto, chi o che cosa sono i Salvàns?

È così che ha inizio una storia molto antica, una storia più antica del Friuli stesso, in cui l’elemento mitico si mescola a quello reale fino a confondersi con esso.

Quando i primi uomini giunsero in Friuli, scoprirono che la terra in cui erano arrivati non era disabitata. Da tempo immemore, i boschi di questi luoghi erano occupati da un popolo di esseri pelosi, con gli occhi rossi, più forte e abile di quello degli uomini. Gli uomini chiamarono questi esseri Salvàns. Inizialmente, tra i due popoli la coabitazione fu facile. I Salvàns insegnarono agli uomini tutto ciò che sapevano sull’agricoltura, sull’allevamento e sulla caccia ma più il tempo passava e più gli uomini, forti delle loro nuove conoscenze, iniziarono a isolarli e a ridicolizzarli. Quegli esseri, prima tanto simili, diventarono molto presto pericolosi estranei di cui liberarsi. E così il conflitto tra questi due mondi di vecchi amici ebbe inizio.

In Friuli, le leggende sui Salvàns sopravvivono principalmente nell’area carnica. Tuttavia, le credenze popolari riguardanti esseri simili ai Salvàns si ritrovano, in realtà, in diverse zone del mondo. Anche i più famosi Yeti o il Bigfoot appartengono, infatti, a questo genere di credenze sugli Uomini Selvaggi, mentre, per restare in un contesto più vicino al nostro, lo stesso discorso può essere fatto per i Krampusse.

Diversi studi sono stati fatti per indagare l’origine e il significato di queste leggende; alcuni ritengono che la figura del Salvàn possa essere rapportata a quella del dio latino Silvano o dei Sileni greci. Come Silvano o i Sileni, infatti, i Salvàns sono creature che operano in un limbo tra il mondo della città e quello arcaico della foresta, fatto che permette loro di mantenere un certo legame con il mondo magico-mitologico. È chiaro poi, come ricorda la parola stessa, che Salvàns derivi dal termine latino Silva ossia selva, bosco, fatto che indica per l’appunto l’ambiente in cui i Salvàns vivono. Ed è proprio a causa di questo legame con il bosco che l’integrazione con il mondo degli uomini sarebbe risultata infine impossibile.

All’interno della storia dei Salvàns potrebbe però celarsi, secondo alcuni, il riferimento ad un altro avvenimento storico; l’allontanamento, spesso violento, di antiche popolazioni aborigene soppiantate dall’arrivo di genti nuove, più forti dal punto di vista delle conoscenze e delle tecnologie che per questo motivo ebbero facilmente la meglio sugli antichi colonizzatori.

A partire dal XII sec., l’immagine di queste creature subì nella letteratura e nell’iconografia un forte cambiamento dovuto anche e soprattutto all’influenza della Chiesa cristiana. Nei racconti si iniziò ad esaltarne gli aspetti negativi e queste figure divennero sempre più simili a dei mostri. Ed è così che oggi li ricordiamo nelle leggende popolari; uomini che, nel buio della foresta, attendono la notte per scendere nei villaggi di montagna a rapire i giovani fanciulli.

Sandri Di Suald, Salvàns!, Ronchi dei Legionari 2003.

Raffaella Cargnelutti, Fiabe e leggende della Carnia, Treviso 2013.

Photo: https://fr.wikipedia.org/wiki/Fichier:Die_Masquerade_von_Orson_und_Valentin.jpg