Vi ho raccontato che eravamo in due ad aver intrapreso questo viaggio, ma in realtà eravamo molti di più. Ci siamo riuniti, per caso, tutti nella stessa città; abbiamo vissuto fianco a fianco quanto basta per non poter più comprendere fino in fondo l’idea di un giorno passato luno senza gli altri; ci siamo divisi, ci siamo dispersi, ognuno per la propria strada, ognuno per un cammino diverso attraverso questa piccola vecchia Europa. E di nuovo, questa volta aiutando un po il caso, ci rincontriamo qui a Granada, nella hall dello stesso ostello. Le nostre vite come gocce di rugiada che corrono sui fili convergenti di una ragnatela. Per l’ultima volta. Perché siamo tutti coscienti del fatto che ormai il nostro tempo insieme è finito, che manca poco perché questo incanto si spezzi, perché ognuno ritorni alla propria vita.

Granada è l’ultima tappa di questo viaggio attraverso l’Andalusia. Abbiamo ormai assimilato lo spirito e la cultura multiforme di questa affascinante parte della Spagna, e l’occhio si è ormai abituato ai suoi colori e alle sue architetture così peculiari.
Qui nel 1492 cadde il Sultanato di Granada, lultimo dei regni musulmani a soccombere alla Reconquista, e sempre qui sorge l’Alhambra, uno dei palazzi più grandi e meglio conservati dei re mori. L’Alhambra è un edificio moresco costruito nel XIV secolo da Muhammad Ibn Nasr. Si compone di tre parti: l’Alcazaba, ovvero la residenza fortificata dei reali, l’Alcazar, ossia il palazzo vero e proprio, e l’Alhambra alta, la parte dedicata al popolo. Accanto all’Alhambra sorge il Generalife, la residenza di campagna dei sovrani arabi. Il complesso si caratterizza per tutti quegli elementi che sono tipici dei palazzi arabi di Al-andalus: un esterno sobrio, quasi spoglio, che nasconde interni dalle pareti riccamente decorate da geometrie e arabeschi, elaborati archi e soffitti, giardini e cortili nascosti, fontane e canalette d’acqua.

Queste stanze da favola, di cui apprendo la storia ascoltando distrattamente la nostra competente guida, ispirarono anche la fantasia dello scrittore nordamericano Washington Irving, che nel 1829 rimase talmente impressionato dal palazzo da decidere di fermarsi e prendere alloggio in una delle sue stanze. Mi trovo giusto di fronte alla targa che ricorda la sua permanenza qui, e l’opera che qui prese forma, “I racconti della Alhambra” .
Dalla combinazione di storia e leggende che aleggiano in questi luoghi nacquero i suoi indimenticabili racconti fantastici, e non è difficile, passeggiando per questi ambienti, immaginare che vi si siano realmente svolte le sue storie di principesse, sultani e magia.

Sono tre le leggende più famose che racconta nella sua opera: la prima è “La leggenda dell’astrologo arabo” , che narra di un negromante di origine araba che, non essendo stato ricompensato a dovere dal suo re per i servizi resi a difesa del regno di Granada, con la consegna della bellissima giovane che gli era stata promessa, attraverso uno stratagemma magico la rapisce e fugge in un castello al di sotto delle montagne. La seconda leggenda, “La torre delle principesse” , racconta di tre principesse arabe rinchiuse in una torre della Alhambra dal padre, che cercava di evitare a tutti i costi che si innamorassero, lasciandolo solo alla sua sorte. Ma la prigionia non funziona, due delle tre principesse si innamorano di due principi cristiani a loro volta rinchiusi nella torre, si lasciano rapire e fuggono insieme. L’ultima, decisa a restare, non riuscendo a convincere il padre a liberarla, muore di disperazione. L’ultimo racconto parla invece di un principe arabo rinchiuso in una torre dai genitori; cercando la via d’uscita alla sua prigionia, il giovane ottiene l’aiuto di un astrologo e di una colomba, per mezzo della quale riesce a far innamorare di sé una principessa cristiana. I due amanti in fuga affrontano numerose sfide e pericoli per riuscire a coronare il loro sogno d’amore.

Questi racconti da mille e una notte ci accompagnano nel nostro girovagare per le strade di Granada. L’Alhambra domina la città dalla cima di una collina. È sceso il buio, ed è ormai arrivata l’ora degli adii. Gli zaini già sulle spalle, sulle bocche tante promesse, proposte di possibili futuri luoghi e date di ritrovo, negli occhi qualche lacrima. Ma in fondo, siamo tutti consapevoli che questo incanto non potrà più ripetersi.