La rassegna di Arte e Architettura curata per l’edizione di Pordenonlegge 2016 non può non contemplare tra i suoi appuntamenti un dialogo con la fotografia, sempre più presente nella nostra quotidianità grazie alle piattaforme social. Ma sono veramente fotografie, quelle che raccogliamo nella memoria dei nostri cellulari e condividiamo in un istante? Si tratta piuttosto di fotofania, la cui etimologia rimanda alle parole greche phos, ‘luce’ e phanein, ‘apparire’: pura manifestazione di luce.

“Spengo la luce e non c’è più niente”, ha spiegato Italo Zannier in dialogo oggi pomeriggio con il filosofo Massimo Donà. Fondatore del Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia e autore di saggi, Zannier è considerato oggi tra i maggiori storici dell’arte fotografica ed è stato il primo titolare in Italia della cattedra di Storia della fotografia presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Di recente pubblicazione il suo ultimo volume che ripercorre la storia della fotografia dall’Ottocento all’età contemporanea: Verso l’invisibile. Il testo potrebbe essere designato come l’equivalente contemporaneo alla Fenomenologia dello Spirito hegeliana, ha sottolineato Donà, in quanto rappresentativo di una civiltà che si è costruita mettendosi in immagine.

Il titolo richiama infatti due delle principali innovazioni che la modernità ha perseguito grazie allo sviluppo di nuove tecniche fotografiche: i raggi x e la possibilità di immortalare il movimento. Nient’altro che due forme di invisibilità che l’obiettivo della macchina fotografica, puntato su ciò che si vede, riesce a catturare e a mostrare all’occhio umano. È lo Spirito, dunque, a consegnarsi nel gesto di uno scatto: l’istante che non vediamo scavalca il normale mostrarsi delle cose e svela ciò che le cose finite non sono. Si illumina, in altre parole, ciò che della realtà rimane invisibile.