La tranquilla esistenza dei membri della famiglia Huntington procede senza intoppi, fino a quando non scoprono di aver ereditato un circo sull’orlo del fallimento ed una misteriosa scatola contenete dei crackers a forma d’animale, che hanno il potere di trasformare chi li mangia nell’animale raffigurato dal cracker. Tutto questo mentre il malvagio zio Horatio cerca in tutti i modi di impadronirsi del circo. Avvincente, non trovate?

Il film d’animazione Animal Crackers, in uscita nel 2017, è l’ultimo lavoro targato Blue Dream Studios, branca dedicata al cinema del colosso americano IDW Publishing. Una produzione pensata per essere distribuita a livello globale , che vede al doppiaggio celebrità come Sylvester Stallone, Emily Blount, Danny De Vito e Ian McKellen. Grandi produzioni però comportano una grande mole di lavoro, spesso non ripagato dalla notorietà. Durante la nostra esperienza a Udine 3D Forum abbiamo potuto scambiare quattro chiacchiere con Maud Muratore e Ottaviano Brando, che nella lavorazione di  Animal Crackers hanno ricoperto i ruoli di (rispettivamente) supervisore del reparto shading/texturing e del reparto lighting.

Parlateci del film, e di come siete entrati a fare parte della squadra che ne curato la lavorazione.

Maud: «Animal Crackers è, banalmente, la causa di tutto: il film è stato prodotto dai Blue Dream Studios Spain, che hanno sede a Valencia e sono stati fondati da Nathalie Martinez e Jaime Maestro circa due anni e mezzo fa, proprio in prospettiva di lavorare a questo film. Due anni fa siamo stati contattati dallo studio, ma mentre Ottaviano ha ricoperto da subito la carica di supervisore del reparto lighting, io ho iniziato occupandomi di vari aspetti della produzione, salvo poi diventare supervisore shading/texturing dopo circa un anno di lavoro.»

Ottaviano: «Il film nasce da un’idea di Scott Sava, fondatore dei Blue Dream Studios americani, con cui per altro il film è stato coprodotto. Riguardo a questo punto, Animal Crackers può vantarsi di avere una lavorazione totalmente “casalinga”, senza coproduzioni outsourcing in Paesi come, ad esempio, l’India. Stiamo comunque parlando di una produzione che ha richiesto all’incirca due anni di lavoro.»

Raccontateci un po’ di voi: come si diventa tecnici d’animazione? Perché avete intrapreso questa carriera?

Maud: «Sono stata propensa per i corsi ad indirizzo artistico. Mi sono laureata in Disegno Industriale a Roma, la mia città, per poi conseguire un master in Exhibit Design all’Università “La Sapienza”. Successivamente ho lavorato in alcuni studi d’architettura come designer e artista 3D. In quel periodo ho deciso di specializzarmi nell’ambito dell’animazione, anche per un certo senso di frustrazione: in Italia il mondo del design tende ad essere una realtà molto chiusa, dove se non sei in grado di imporre le tue idee e di saperle vendere nella maniera giusta fai molta fatica ad emergere.  Capacità che allora non avevo. Il mio interesse per la progettazione e per il 3D, che avevo imparato a conoscere durante l’università, mi hanno spinto a frequentare un master  presso la Rainbow Academy. Quest’esperienza mi ha aiutato a lanciarmi in un mercato differente da quello del design. In seguito ho collaborato con la produzione del film argentino “Metegol” (uscito in italia con il titolo “Goool!”), per tornare in Italia e lavorare a Milano con Studio Bozzetto ed EDI Effetti Digitali. Poi è arrivata l’offerta per “Animal Crackers”.»

Ottaviano: «Il mio percorso è leggermente diverso. Mi sono laureato anche io alla “Sapienza” in Grafica e progettazione multimediale, per poi conseguire un master in Computer Grafica al Big Rock di Roncade. Ho seguito diverse produzioni tra Spagna, Londra e Bruxelles e condivido con Maud l’esperienza “Metegol” e il periodo in EDI, oltre ovviamente ad “Animal Crackers”. Il primo incontro con l’animazione lo devo ad un professore, Nicola Sganga, ed al suo corso universitario sugli effetti speciali, grazie al quale ho iniziato ad interessarmi maggiormente alla grafica 3D. La mia passione per la fotografia poi ha fatto sì che mi specializzassi nel campo del lighting.»

“L’oppure” non si rivolge ad un pubblico con conoscenze tecniche specifiche sull’argomento. Provate a spiegare in maniera più semplice possibile in cosa consiste il vostro lavoro.

Maud: «Il compito del reparto shading/texture consiste nel ricreare in maniera più fedele possibile i materiali e le texture dei personaggi. Per texture si intende un’immagine bidimensionale che viene riprodotta su una o più facce di un modello tridimensionale o poligonale ( da quest’immagine si capisce meglio). Dopo la fase di modellazione dei personaggi e delle scene mi vengono assegnati dei modelli: di questi modelli devo ricreare, ad esempio, l’interazione del materiale di cui sono fatti con la luce (ad esempio, una luce sulla plastica crea un effetto diverso rispetto alla stessa luce sul legno) e le texture della pelle, dei capelli e dei vestiti dei personaggi.»

Ottaviano: «Il lavoro del reparto lighting è invece più semplice da spiegare: gli addetti al lighting sono, paragonati alla realtà, dei fotografi del 3D. In base alle richieste del reparto artistico dobbiamo illuminare il set e la scena di lavoro per creare una certa atmosfera, partendo da una tavola a colori fatta a mano e ricreando in 3D  luminosità, intensità, ombre, mood. Tutto questo per ogni singolo shot del film.»

Alla luce delle vostre esperienze, avete trovato delle differenze nel lavorare in Italia o all’estero?

Maud: «In Italia, rispetto al mercato estero, mancano le società che producono film d’animazione in 3D. Non ci può essere un confronto vero e proprio, in quanto le realtà italiane sono più piccole e si occupano principalmente di pubblicità o serie televisive per bambini. A Valencia abbiamo trovato sicuramente un’organizzazione strutturata in maniera molto migliore, ma paragonare Blue Dream agli studios italiani sarebbe come paragonare Davide a Golia. Si parla di 120/150 persone rispetto a 30 o 40. La differenza più grande è sicuramente (in coro con Ottaviano) la prospettiva di continuità: in Italia non abbiamo mai ricevuto un’offerta che andasse oltre il singolo progetto o i 6/8 mesi di lavoro.»

Ottaviano: «Da noi manca effettivamente la voglia di pensare al futuro e di creare uno studio che abbia una struttura solida per lavorare a medio/lungo termine. Sembra che tutto debba esaurirsi ad ogni progetto. Si cerca ogni volta di arrivare in fondo tirando a campare e poi si riparte da zero. All’estero si cerca di mantenere un flusso lavorativo più lineare ed è molto più facile ottenere una riconferma o un contratto, piuttosto che dover per forza aprire una Partita Iva.»

Siamo arrivati alla fine di questa intervista. Avete già in mente qualche idea per il vostro futuro?

Ottaviano: «Sarebbe bello tornare in Italia, ma non è un progetto realizzabile con sicurezza. Il pensiero di tornare c’è sempre. Purtroppo bisogna vedere come andrà il mercato e finché il settore del 3D rimarrà scarno come in questo momento quella del ritorno rimane appunto un’idea, non attuabile con certezza.

Maud: «Sicuramente tra i miei progetti a breve termine c’è quello di aggiornarmi riguardo alle novità del mio lavoro. Il nostro settore è in continua evoluzione, ogni sei mesi esce un programma nuovo e soprattutto se sei concentrato nella realizzazione di un film tendi ad isolarti e a focalizzarti solo su ciò a cui stai lavorando. Rimani quasi in una sorta di bolla, per questo nei prossimi mesi mi fermerò e porterò a termine questo upgrade personale.»

Photo by: Blue Dream Studio Spain – Facebook Page

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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