Si è svolto a Belgrado, dal 22 al 27 agosto u.s., il 23° Convegno Internazionale di Studi Bizantini. L’evento, che ha luogo ogni cinque anni, ha visto riuniti più di 1400 studiosi provenienti da 48 nazioni diverse: da quelle in cui la bizantinistica è una disciplina affermata (come Germania, Austria, Italia o Francia) a quelle in cui lo studio della civiltà bizantina è quasi una novità (come Cina, Giappone, Australia).

Ma cosa vuol dire studiare la civiltà bizantina? Significa occuparsi di quanto è accaduto dalla ricostruzione dell’antica colonia greca Bisanzio – poi inaugurata col nome di Costantinopoli (la Nuova Roma) – da parte di Costantino I (324330) fino alla sua caduta in seguito all’assedio ottomano nel 1453. I bizantini si consideravano Ῥωμαῖοι (romani), in quanto eredi dell’impero di Roma. Bizantino è infatti un termine moderno, coniato quasi due secoli dopo la presa di Costantinopoli. Alla fine del suo sviluppo storico l’impero bizantino non aveva più nulla in comune con quello romano.

L’analisi di questo sviluppo incessante è stato il punto focale del convegno. In sessioni plenarie, tematiche e tavole rotonde si è discusso di “Bisanzio, un mondo di cambiamenti”. Slogan del convegno un verso di Massimo Planude (intellettuale bizantino di XIII secolo): Πάντα μὲν γὰρ μεταβάλλεται, ἀπόλλυται δὲ οὐδέν (tutto cambia, nulla va perduto), traduzione dell’omnia mutantur, nihil interit di ovidiana memoria (Metamorfosi, XV 165). Nonostante le cose si trasformino e cambino in continuazione, rimane comunque traccia di ciò che è stato. Nulla va perduto. Lo stesso vale per l’impero bizantino che, anche dopo la sua caduta, è continuato ad esistere in quanto mediante idee, erudizione, arte e cultura ha contribuito allo sviluppo dell’Europa: dal tardo antico, al periodo medioevale fino al presente.

A margine della conferenza, patrocinata dal presidente della Repubblica serba Tomislav Nikolić e dall’Unesco, una miriade di iniziative: mostre (ad esempio quella sui manoscritti serbi dal XII and XVII secolo), escursioni (fra le quali una con meta i monasteri del Kosovo) e film documentari. Belgrado è un centro molto importante per questo tipo di studi, basti ricordare la figura di Georg Alexandrovič Ostrogorsky (1902–1976), autore della celebre Storia dell’impero bizantino, ancora oggi punto di riferimento importante per tutti coloro che si occupano delle vicende dell’Impero romano d’Oriente. Insomma, un’ottima opportunità anche per i giovani bizantinisti (presenti in buon numero) per incontrare studiosi più esperti provenienti davvero da tutto il mondo e conoscere coetanei dai simili interessi coi quali intraprendere un dialogo comune.

In tutto ciò, poco purtroppo lo spazio a disposizione per visitare Belgrado: nelle pause giusto il tempo di allontanarsi un poco dalla facoltà di filologia per una passeggiata nella fortezza, uno sguardo dall’alto al Sava che confluisce col Danubio, un piatto di ćevapi e šopska e subito pronti per ricominciare. Una città che merita senza dubbio di essere visitata con maggior calma: ci si propone di ritornare. Nel frattempo una cosa è certa: appuntamento fra cinque anni proprio a Costantinopoli, odierna Istanbul.

Lascia un commento