Presentiamo qui la traduzione letterale completa, capitolo per capitolo – e corredata anche di quelli che si sperano utili commenti – della versione affrontata oggi dagli studenti dei Licei Classici d’Italia. Si tratta di un testo di Isocrate, Sulla Pace, capp. 34-36. In caso di domande, perplessità o opinioni divergenti, scateniamo il dibattito!


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34. Vedo infatti come coloro che preferiscono l’ingiustizia e che ritengono l’impossessarsi di qualcosa degli altri come il bene maggior subiscano gli stessi inganni (lett. le stesse cose) di quelli che vengono catturati con l’esca tra gli animali, e come all’inizio traggano godimento da ciò di cui riescono ad impossessarsi, ma come poco dopo si trovino tra le più grandi sventure, e come invece coloro che vivono con devozione (verso gli dei) e giustizia sia trascorrano il tempo in maniera sicura nei momenti presenti, sia abbiano più dolci speranze rispetto a tutta la durata della vita.

Il periodo si apre con un verbo di percezione, horô, che regge una serie di participi sostantivati all’accusativo come oggetti diretti (protimôntas, nomízontas e zoôntas) accompagnati dai participi predicativi páschontas, apolaúontas, óntas, diágontas échontas. 

Án nella terza riga dà una sfumatura eventuale al congiuntivo lábosin. Il pronome relativo hôn invece presenta un attrazione con ellissi del dimostrativo (1. toúton há > 2. toúton hôn > 3. toúton hôn): in italiano hôn si può tranquillamente rendere con un singolare reintegrando il dimostrativo.

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35. E se queste cose non succedono così abitualmente in tutti i casi, tuttavia ciò accade per lo più in questo modo. Bisogna che i saggi (lett. quelli che pensano bene), poiché noi non riconosciamo ciò che sempre in futuro sarà d’aiuto, scelgano manifestamente questo, ciò che per lo più giova. E tra tutti i più irragionevoli sono quanti ritengono che la giustizia sia una pratica più bella e più cara agli dei dell’ingiustizia, ma credono che quelli che la mettono in pratica vivranno peggio di quelli che preferiscono la malvagità.

Il perfetto eíthistai è qui reso in italiano con un avverbio ma letteralmente i due verbi (eíthistai  symbaínein) sarebbero da rendere in italiano come “è solito accadere”. Synoísein è il futuro di symphéro ed è un infinito retto da méllon. Il participio proaipouménous è retto da chré ed è legato a phronoûntasTò ofeloûn è un participio sostantivato epesegetico rispetto al toûto della riga seguente. Alogótaton è avverbio al grado superlativo; il verbo páscho (qui al perfetto pepónthasin) costruito con un avverbio si traduce come ‘essere’, ‘stare’, ‘essere nella condizione’.

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36. Vorrei pure che, come è conveniente lodare la virtù, così fosse facile convincere chi ascolta ad esercitarla; ora però temo che diciamo tali cose in vano. Siamo stati sconquassati infatti già per molto tempo da uomini capaci di nulla tranne che ingannare, i quali hanno disprezzato la moltitudine a tal punto che, ogniqualvolta vogliano muovere guerra a qualcuno (plu. in greco), costoro, ottenendo ricchezze, osano dire che bisogna imitare gli antenati e non sopportare di venir noi stessi derisi, né che coloro che non vogliano pagarci le imposte navighino il mare.

Il capitolo inizia con imperfetto irreale che esprime irrealtà nel presente. Nella quinta riga, per ‘ottenendo ricchezze’ Isocrate si riferisce alla corruzione. Periorân regge il participio katageloménous, il quale ha valore passivo ed è predicativo di hemâs autoús. 

 

 

 

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