Presentiamo qui la traduzione letterale completa, periodo per periodo – e corredata anche di utili commenti – della versione affrontata oggi dagli studenti dei Licei Classici d’Italia. Si tratta di Tacito, Annali, libro VI, cap. 50. In caso abbiate domande, non esitate a contattare l’autore della traduzione, studente di lettere classiche presso il Collegio Superiore dell’Università di Bologna.


I periodo

Iam Tiberium corpus, iam vires, nondum dissimulatio deserebat: idem animi rigor; sermone ac vultu intentus quaesita interdum comitate quamvis manifestam defectionem tegebat.

Già il fisico, già le forze, non ancora la dissimulazione abbandonava Tiberio; la fermezza d’animo era la stessa; circospetto nell’eloquio e nell’espressione, con una cordialità talvolta affettata, nascondeva il seppur manifesto deperimento. 

La prima parte del periodo (fino ai due punti) si configura come un elegantissimo tricolon e inquadra immediatamente la situazione fisica e psicologica dell’imperatore Tiberio, situazione che viene maggiormente connotata poi nella seconda parte del periodo. Accanto al palese deperimento fisico (defectionum) si descrive la compostezza comportamentale del sovrano, il quale dissimula abilmente il suo malessere fisico attraverso i suoi comportamenti caratterizzati da una ricercata compostezza e cordialità (comitas).

Nella parte di periodo tra i due punti e il punto e virgola vi è un verbo “essere” da sottintendere; il participio intentus deriva da intendo, mentre quaesita deriva da quaero. Ritengo che quaesita interdum comitate sia un ablativo assoluto, ma si potrebbe anche pensare a un complemento di modo.

II periodo 

Mutatisque saepius locis tandem apud promunturium Miseni consedit in villa cui L. Lucullus quondam dominus.

E dopo aver cambiato piuttosto spesso località, infine si stabilì presso il promontorio di Miseno in una villa di cui un tempo fu padrone L. Lucullo.

Ora viene presentato il luogo in cui avviene la vicenda, cioè nella villa presso il capo Miseno – chi ha letto l’Eneide avrà qualche ricordo riguardo a questo luogo.

Questo periodo si apre con un ablativo assoluto (Mutatisque saepius locis) contente un comparativo assoluto (saepius). Dominus regge il pronome relativo in caso ablativo che apre la relativa di cui il verbo è sottinteso (“fu”).

III periodo

Illic eum adpropinquare supremis tali modo compertum.

Che lì si stesse avvicinando alla fine, venne ben compreso con questo espediente.

Il periodo si apre con un’infinitiva – niente paura, non è uno di quegli infiniti storici che potremmo aspettarci da Tacito – che è retta da compertum, participio perfetto di comperio (composto di cum pario) che, assieme a un est sottinteso è il predicato della principale.

IV periodo

Erat medicus arte insignis, nomine Charicles, non quidem regere valetudines principis solitus, consilii tamen copiam praebere.

C’era un medico valente nella sua professione, di nome Caricle, abituato non certamente a sostenere la salute del principe, bensì a offrire una gran quantità di consigli.

Viene qui presentato il medico personale di Tiberio, un certo Caricle.

Insignis regge l’ablativo arte, che in questo caso è da considerarsi alla stregua di un falso amico. Valetudines è al plurale in latino, ma è opportuno porlo al singolare nella traduzione italiana. Solitus, participio congiunto a Caricle, regge le due infinitive non quidem regere valetudines principis consilii tamen copiam praebere.

V periodo

Is velut propria ad negotia digrediens et per speciem officii manum complexus pulsum venarum attigit.

Costui, come accomiatandosi per badare ai propri affari e presagli la mano come per ossequio, tastò la pressione delle sue vene.

Il medico prende il polso all’imperatore a sua insaputa.

Il periodo presenta due participi congiunti al soggetto is, cioè digrediens complexus: è necessario fare attenzione a rendere diversamente i tempi, dal momento che il primo participio è al presente, mentre il secondo è al perfetto. Complexus deriva da complector, che, in quanto verbo deponente, ha un participio presente di significato attivo. Propria ad negotia presenta un ad intercalato.

VI periodo 

Neque fefellit: nam Tiberius, incertum an offensus tantoque magis iram premens, instaurari epulas iubet discumbitque ultra solitum, quasi honori abeuntis amici tribueret.

Ma non lo ingannò: infatti Tiberio, è incerto se perché offeso e tanto più nascondendo l’ira, ordina che venisse ripreso il banchetto, e rimane a tavola più del solito, come se rendesse onore all’amico che se ne andava.

L’imperatore si accorge dell’espediente e trattiene il medico oltre, riallestendo il banchetto.

Fefellit è il perfetto di falloincertum richiede un est sottinteso che regge poi l’interrogativa introdotta da an, la quale è espressa attraverso due participi congiunti; si passa poi due presenti storici (iubet discumbit) e infine la comparativa col congiuntivo: tribuo in questo caso è costruito in maniera assoluta, cioè non regge alcun oggetto in latino. Naturalmente nella traduzione italiana il soggetto è “onore”, che in latino è in ablativo (honori). Epulas è plurale tantum.

VII periodo

Charicles tamen labi spiritum nec ultra biduum duraturum Macroni firmavit.

Tuttavia Caricle confermò a Macrone che stava morendo e che non sarebbe durato più di due giorni.

Caricle comunica al prefetto del pretorio Macrone che Tiberio non aveva ancora molto da vivere.

Firmavit regge le due infinitive che costituiscono il resto del periodo. Labitur spiritum è un’espressione che letteralmente significa “lo spirito scivola” e che si può tradurre con “muore”, mentre duraturum – con un esse sottinteso – è un infinito futuro che è reso, per le regole della consecutio italiana, con un falso condizionale.

VIII periodo

Inde cuncta conloquiis inter praesentis, nuntiis apud legatos et exercitus festinabantur.

Da allora, tra colloqui fra i presenti e notizie presso legati e eserciti, si susseguì tutto.

Tra i vertici dello stato serpeggia il panico e iniziano a muoversi coloro che aspirano a sostituire Tiberio ai vertici dello stato.

Praesentis sta per praesentes. La maniera migliore per rendere la frase è ponendo verbo e soggetto al singolare, per evitare il plurale generico.

IX periodo

Septimum decimum kal. Aprilis interclusa anima creditus est mortalitatem explevisse; et multo gratantum concursu ad capienda imperii primordia G. Caesar egrediebatur, cum repente adfertur redire Tiberio vocem ac visus vocarique qui recreandae defectioni cibum adferrent.

Il diciasettesimo giorno prima delle calende di aprile, bloccatosi il suo respiro, fu creduto che fosse morto; e G. Cesare usciva con un gran seguito di persone gaudenti per accogliere i primi momenti del suo dominio, quando all’improvviso si riferisce che a Tiberio stava ritornando la voce e la vista e che chiamava coloro che gli portassero del cibo per riprendersi dallo sfinimento.

Il 16 marzo Tiberio sembra morire, il successore già inizia i festaggiamenti per il suo incarico di governo, quand’ecco che Tiberio si riprende.

Interclusa anima è un ablativo assoluto. Visus è plurale ma in italiano va reso al singolare. Ci sono due costruzioni con il gerundivo: la prima ha valore finale (c’è ad) e la seconda in italiano va resa con un valore finale anche se in latino è in genitivo semplice.

XI periodo

Pavor hinc in omnis, et ceteri passim dispergi, se quisque maestum aut nescium fingere; Caesar in silentium fixus a summa spe novissima expectabat.

Da quel momento in tutti si diffuse il panico, e gli altri a tratti si dispersero, ciascuno si finse triste o inconsapevole; Cesare aspettava, immerso nel silenzio, da quella somma speranza, le notizie più nuove.

La prima parte del periodo necessita di un verbo: in italiano va bene usare “si diffuse”. Da dopo la virgola abbiamo fino al punto e virgola due temutissimi infiniti storici: niente paura, sono da rendere con un passato remoto. Dispergi ha valore medio.

XII periodo

Macro intrepidus opprimi senem iniectu multae vestis iubet discedique ab limine.

Macrone senza paura ordina che il vecchio venisse sommerso da un gran mucchio di vesti e che ci si allontanasse dalla porta.

Macrone prende in mano gli eventi e fa uccidere Tiberio in maniera piuttosto passiva, cioè semplicemente gettandogli addosso molte vesti che gli impedissero di riprendersi.

XIII periodo

Sic Tiberius finivit octavo et septuagesimo aetatis anno.

Così Tiberio morì nel suo settantottesimo anno di età.

Finivit sottintende il sostantivo vitam.

2 Comments

  • Gianmarco Franchini, 20/06/2015 @ 05:52

    Ciao Joshua, innanzitutto grazie della traduzione! Avrei poi una domanda: al quaesita comitate mi sono chiesto se si trattasse di abl. assoluto o complemento di modo; in questo caso, come scegliere tra i due? Perché quell’interdum mi avrebbe fatto propendere per l’ablativo assoluto (“con affabilità talvolta simulata” non sembra suggerire che talvolta sia invece sincera, il che sarebbe in contrasto con il ritratto tacitiano di Tiberio?), ma portando il brano all’orale sapevo che andava tradotto come hai fatto te… dubbio esistenziale, puoi sciogliermelo? Grazie! 😀

    • Joshua Giovanni Honeycutt Balduzzi, 22/06/2015 @ 10:34

      Grazie innanzi tutto per la domanda, e ancora grazie perché in effetti hai fatto in modo che mi accorgessi del fatto che ho completamente tralasciato di tradurre l'”interdum” (se noti, ho già modificato l’articolo).

      La tua domanda va analizzata su due piani differenti, uno grammaticale e uno semantico.

      Del punto di vista grammaticale, vista anche la presenza dell'”interdum”, io tenderei a pensare la costruzione come un ablativo assoluto, ma pensarlo come complemento di modo non credo sia affatto da escludere, poco cambia in realtà, tant’è che io l’ho tradotto come un complemento di modo, di fatto.

      Dal punto di vista del significato, secondo me non contraddice affatto il resto. Tacito vuole qui sottolineare come la severità, la fermezza d’animo (animi rigor) fosse sempre presente nel sovrano, ma che invece, a volte, non riusciva a simularsi cortese, data la sofferenza fisica. Un quadro che purtroppo, penso, quasi tutti noi abbiamo davanti agli occhi quando pensiamo anche alla nostra esperienza di vita con persone malate, magari anziane, che rimangono sempre distinte e d’un pezzo, che però, nel momento della sofferenza finiscono per risultare scortesi. Il piano semantico mi fa solo avvalorare la tesi che sia un ablativo assoluto, perché quella riguardo alla cortesia sembra essere un’aggiunta rispetto al resto. Il tutto si potrebbe, secondo me, rifrasare come: “con la sua fermezza d’animo nascondeva il suo deperimento, anche se a volte non riusciva più a risultare cortese”.

      Spero di esserti stato d’aiuto. Se hai altre domande, sono qui.

      Giannimorandianamente chiudo con “un abbraccio”.

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