Riccardo Sabatini ha 33 anni, una laurea in fisica, un dottorato in fisica teorica e un post-dottorato. Ha studiato in Italia, Svizzera ed è appena tornato dagli Stati Uniti dove ha svolto un periodo di ricerca presso la Singularity University, nella Silicon Valley. Oltre a una brillante carriera accademica è un imprenditore e attualmente si occupa di trading nel mercato energetico.

Nel suo incontro ci parla di tecnologia ma non di futuro, vuole parlare del presente. Iniziamo dai Big Data. Sono ciò da cui siamo sommersi, milioni di informazioni ogni giorno bombardano il mondo intero. “That’s the nature of modern business”, scriveva Steven Levitt in Freakonomics.
Da Twitter al controllo governativo: i dati oggi sono una straordinaria risorsa per fare business, per sedare rivolte o anche prevedere i prezzi delle materie prime.
Un esempio applicato alla medicina: un braccialetto che rileva i battiti extrasistole e avvisa quando le probabilità di avere un attacco cardiaco sono molto alte. Fantascienza? No, esiste già.

Come esistono già gli altri simboli dell’innovazione provenienti direttamente dagli Stati Uniti:  la Tesla, i droni e la self-driving car, un’automobile senza conducente ora legalizzata in California.

Tutte queste tecnologie cambieranno il nostro stile di vita tra qualche decennio e renderanno obsolete alcune professioni di oggi per crearne altre domani. L’innovazione tecnologica porterà posti di lavoro attualmente sconosciuti. Per questo – suggerisce Sabatini – l’investimento migliore è nella conoscenza, perché la conoscenza e la ricerca permettono di andare avanti.

Oggi però chi opera nella tecnologia deve crederci. Questo è il segreto del successo della Silicon Valley, una questione di etica e di mentalità. Mentalità che purtroppo in Italia è ancora latente, ammette lo stesso Sabatini.

La percezione americana è che se ci credi abbastanza ce la puoi fare, che la voglia di sviluppare un’idea anche con un pizzico di follia sia un’opportunità interessante. Ricorda molto quel famoso stay hungry, stay foolish, ormai diventato il motto di una generazione di nerd che dall’essere emarginati sono diventati cool.

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