È proprio il caso di dire che, se quella di Excalibur è la spada nella roccia, quella di San Michele dei Pagani è la corrispettiva chiesa nella roccia. Senza nulla togliere, infatti, alle bellezze mozzafiato di quella di San Giovanni d’Antro, nelle Valli del Natisone, questa non è stata ricavata all’interno di una cavità naturale ma pare proprio incastonata nella parete della montagna.

Facilmente visibile anche da lontano grazie all’intonacatura di un rosa intenso, l’edificio risulta privo di facciata, in quanto le pareti laterali si attaccano direttamente al costone roccioso del Monte Brancot. Per accedervi, dunque, non vi è alcun ingresso principale ma due portoncini laterali. In pratica la chiesetta dà le spalle al panorama della piana sottostante, su cui sorge il paese di Braulins. In bella vista, infatti, abbiamo una piccola abside semicircolare e la monofora del campanile a vela.

L’inizio della sua storia non è affatto ben definito, in quanto si sa che probabilmente risale al XIII secolo, ma la tradizione afferma che il sito su cui sorge era precedentemente occupato da un tempio pagano di epoca longobarda; da qui il nome. Non fu toccata dalla rappresaglia del Patriarca Bertrando di San Genesio, che nel 1336 fece radere al suolo il sottostante Castello di Bragolino, dopo averne sconfitto le difese in battaglia. I signori locali, infatti, si erano alleati col Conte di Gorizia, nemico del patriarca, e serviva un chiaro monito. Dopo essere stata danneggiata dal così detto Terremoto della Carnia del 1928, fu risistemata l’anno successivo e consacrata in onore ai caduti della Grande Guerra. A ricordo di questa operazione di restauro è stata anche collocata una targa a lato.

Subì altri danni con le devastanti scosse del ’76, non andando tuttavia distrutta. Infatti conserva ancora un affresco absidale della SS. Trinità, della fine del Cinquecento, e uno di un certo pregio della fine del Duecento sulla parete orientale, raffigurante l’Arcangelo Michele impegnato a pesare con la bilancia le anime dei defunti. Di entrambe le opere non è noto l’autore, anche se per quella più recente si pensa che fosse della cerchia del sandanielese Giulio Urbanis. Si tratta dell’unico edificio di un certo interesse storico-artistico della zona di Braulins e Trasaghis ad essersi salvato in seguito a quelle scosse.

Il culto micaelico, oltre ad essere uno dei più antichi e diffusi, ha trovato modo di manifestarsi in numerose altre zone della Val del Lago e del Gemonese. La stessa chiesa parrocchiale di Braulins è a lui dedicata. Ma è sempre presso la chiesetta “in mont” che il 29 settembre, giorno dei tre Arcangeli, la gente del paesino della pedemontana si ritrova per festeggiare il suo patrono con Santa Messa e rinfresco. A conferma della sua derivazione longobarda, gli studiosi ricollegano questo culto alla presenza di insediamenti longobardi. Questo popolo germanico, infatti, si convertì gradualmente al cattolicesimo, a partire dal suo arrivo in Italia (568 d.C.) sino alla fine del VII secolo, e attribuì a San Michele le virtù guerriere che prima ritrovava nel dio pagano Odino. Questa chiesetta rappresenta, quindi, un altro dei numerosi tasselli che testimoniano il passaggio di questo antico popolo in Friuli.

Il piccolo spiazzo a strapiombo su cui sorge la chiesa è facilmente raggiungibile attraverso una breve deviazione del sentiero che dal paese, presso località “I lavadôrs”, porta fino alla forcella tra le cime dei Monti Boscatz e Brancot.

Foto da: suimonti.it

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