Come ogni anno, mi concedo una pausa salutare di cinque giorni alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Le aspettative sono sempre  grandi e il programma riserva,, sulla carta, delle ghiotte occasioni per un cinefilo, come me,  malato di questo morbo incurabile da quando ha 8 anni.
Giunta all’edizione 71, la Mostra quest’anno ha centrato uno dei suoi obiettivi primari: ha presentato, e lo sta ancora facendo visto che continuerà fino al prossimo 6 settembre, dei film di un’ ottima qualità come non si vedeva da troppo tempo. Un Concorso che ha finalmente ospitato pellicole italiane forti della migliore tradizione della nostra cinematografia, Anime Nere di Munzi, Hungry Hearts di Costanzo e Il giovane favoloso di Martone, un film di apertura, Birdman di Inarritu, che ha saputo mescolare al meglio temi “classici” con la contemporaneità. In queste poche righe non si può riassumere tutto ciò che è fuoriuscito dalle visioni e tutti i titoli degni di nota, ma si può tranquillamente sottolineare che, nonostante la crisi globale di ogni forma di arte per quanto riguarda incassi e pubblico, il polso della settima arte rivela un buon stato di salute. Le storie raccontate e, soprattutto, le forme filmiche che le supportano, ci aiutano ancora a sorprenderci.
La semplice complessità del gesto cinematografico, che smania ancora per parlarci. Perché questo fa il Cinema, ci parla di noi, delle nostre paure, dei nostri anni, della nostra quotidianità spesso banale ma rilevante, e lo fa con la commedia come con il dramma e il cinema di genere. In questa rubrica cercherò di affrontare il Cinema sposando questo punto di vista e, spero, di riuscire ad interessarvi con la purezza delle parole, consigliandovi le nuove uscite in sala  e facendovi “scoprire” i classici. Lo farò umilmente ma senza dimenticare che “il Cinema è vita e la vita è Cinema”!

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