“Vi siete rialzati, ci siamo rialzati; oggi nel ricordo delle vittime e dei tanti che operarono così bene concludo con una frase che l’allora Commissario del governo Giuseppe Zamberletti disse a conclusione del suo mandato il 30 aprile del 1977: un popolo non muore con il crollo delle case, e il Friuli è vivo perché sono vivi i valori che ne costituiscono l’anima. Viva il Friuli, Viva la Repubblica!.”
Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha voluto ricordare in conclusione del suo discorso di ieri all’Assemblea regionale riunita in seduta straordinaria a Udine, alla presenza del sindaco della città Furio Honsell, del Presidente del consiglio regionale Franco Iacop, del Governatore Debora Serracchiani e dell’allora Commissario straordinario del Governo Giuseppe Zamberletti, lì presente, i quarant’anni dal disastroso terremoto del Friuli. Una ferita questa che, come tante altre, aveva portato grandi sofferenze in un’Italia in cui, per lungo tempo, l’emigrazione era stata l’unica possibilità di sopravvivenza, ma che fu l’occasione per dare al Paese e al mondo una lezione unica, di dimostrazione e conferma del valore degli abitanti improntati a raggiungere traguardi ambiziosi, veri protagonisti assieme agli amministratori comunali e regionali.
Il ricordo principale è andato all’allora Presidente regionale Antonio Comelli, al quale per l’occasione è stata dedicata l’aula dell’Assemblea, al gran numero di vittime ma anche ai soccorritori e ai volontari, giovani e non, capaci di evidenziare e dimostrare al meglio i caratteri italiani di altruismo, gratuità e solidarietà. Mattarella ha quindi lodato il particolare lavoro svolto dai radioamatori, i quali, con la loro rete entrata in funzione immediatamente dopo il disastro, si prodigarono a ristabilire i collegamenti distrutti dal sisma. Fu tutto questo alla base del Modello Friuli: un soccorso immediato, con un sistema d’informazioni che partiva dal basso, capace di rendere operativo e valorizzare al massimo gli assetti e la qualità dei soccorsi stessi.
Da questi, poi, alla stabilizzazione e alla ricostruzione: nel dopo emergenza si definirono i vari obiettivi da raggiungere, con scelte difficili che dovevano tenere conto degli importantissimi aspetti di innovazione e conservazione. E con esse la grandissima volontà d’animo che impedì di arrendersi persino dinnanzi alla seconda scossa del settembre di quell’anno. Lo slogan “dov’era, com’era” paradossalmente fu alla base di un cambiamento radicale, come pure la consapevolezza di una possibile rottura dell’ordine sociale già tanto provato. La tenacia e la volontà di abbandonare momentaneamente le diversità dei vari corpi politici permise l’unione degli intenti e unì le varie parti in gioco
“L’orgoglio per l’autonomia, l’orgoglio regionale, la partecipazione dal basso, la capacità di ascolto e la solidarietà dello Stato hanno posto le basi per un rilancio di convivenza civile in una regione di confine.”
Un modello, questo, d’esempio per l’Europa, oggi in difficoltà a causa dei recenti fatti sociali d’immigrazione e di terrorismo. E anche per l‘Italia: come ricordato dal sindaco Honsell, il terremoto fu molla per una diffusa assunzione di responsabilità; i sindaci e i funzionari dell’amministrazione locale si resero allora padroni di una burocrazia a cui oggi invece sono soggetti. All’epoca ciò permise di risolvere i vari problemi senza interferenze burocratico giudiziarie di sorta, a simbolo di una politica attiva e vitale, non commissariata a burocrati. La conferma fu data dalla grande fiducia dei cittadini verso le istituzioni, permettendo così una proficua collaborazione tra le parti con l’intervento solidale di tutte le componenti dello Stato.
Qualche parola è stata inoltre dedicata, da parte del Presidente del consiglio regionale Franco Iacop, alla grande caparbietà dell’allora Presidente regionale Comelli, il quale seppe raccogliere con forza e dedizione la sfida che l’autonomia regionale comportava, quest’ultima vera chiave di volta in quanto simbolo della fiducia che le istituzioni nazionali riposero nel Friuli. Particolare cenno è stato fatto in merito ai provvedimenti d’emergenza approvati due giorni dopo il terremoto dal consiglio regionale, tra cui l’approvazione del fondo di solidarietà e le norme in materia di calamità naturali, primi di molti altri che seguirono negli anni successivi.
(foto: Messaggero Veneto)
Pordenonese doc, classe 1992. Dottore di ricerca in Scienze storiche tra l’Università di Padova, Ca’Foscari di Venezia e Verona, mi piace pensarmi come spettatore di eventi che in un futuro lontano saranno considerati storia. Far conoscere al meglio e a quanti più possibile il nostro passato, locale e non, è uno dei miei obiettivi e come tale scrivo con passione per le mie amate Radici.