Esiste una terra oscura, nel giornalismo, che poco ha da spartire con i battibecchi sterili dei talk show in prima serata, o con gli approfondimenti sulle abitudini alimentari degli statisti (o presunti tali, in-mancanza-di-prove-che-dimostrino-il-contrario-) contemporanei. Persino con la nobiltà del giornalismo di stampo classico, che sempre più di frequente si adagia sull’aspetto di una carcassa già masticata da un qualche non ben identificato altro. Si tratta di una terra scavata dai crateri delle bombe sganciate dai B-52, forata dai proiettili degli AK-47, solcata dalle trincee.

Venerdì 31 luglio, alle 23:30 Rai 1 trasmetterà una selezione dei videoreportage internazionali pervenuti alla giuria dell’edizione 2015 del Premio Luchetta. La competizione, dedicata al ricordo di Marco Luchetta, Alessandro Ota, Dario D’Angelo, Mirian Hrovatin, si è conclusa il 2 luglio scorso a Trieste, e ha premiato – tra gli altri – anche Pablo Trincia per il racconto della storia del bosniaco Ismar Mesinovic, residente nel bellunese che è riuscito a sottrarre il figlio all’ex compagna, per poi far perdere le proprie tracce in Siria, e infine morire alla guerra. “I nostri angeli”, condotto da Alberto Matano, darà spazio ad una selezione dei migliori reportage del Premio. Per la BBC, la storia di due sorelline colte nel sonno da una bomba sarà raccontata – in tutta la sua drammaticità – da Caroline Hawley. Il miglior servizio giornalistico dell’edizione 2015 è stato assegnato a Jonathan Rugman, per la sua testimonianza di come, nell’Iraq conteso tra IS e comunità yazida, sia riuscito a sottrarre alla fame e alla sete un piccolo gruppo di bambini. Per Vice News, Medyan Dairieh porterà la cronologia delle sue tre settimane sotto copertura dietro le file dello Stato Islamico, tra Siria e Iraq. Ultimo documento, quello di Pietro Suber per News Mediaset: in Sierra Leone, all’interno di uno dei centri per la cura dell’ebola.

(photo: presidente.regione.fvg.it)

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