È stato uno spettacolo spumeggiante e istruttivo, quello messo in scena ieri sera presso il Teatro Verdi di Pordenone, in compagnia del climatologo Luca Mercalli e della Banda Osiris. L’accoppiata ha ripercorso la storia del clima dalla piccola età glaciale al recente innalzamento della temperatura terrestre, documentando l’andamento climatico attraverso opere d’arte e fonti letterarie.

Mercalli ha inizialmente presentato al pubblico una sorta di scavo archeologico per immagini, a supporto dei ben più complessi dati ricavati dal carotaggio del ghiaccio. Un buon numero di dipinti fiamminghi del XVII secolo, ma anche i paesaggi innevati dei poco noti Francesco Foschi e Bartolomeo Pedon, costituiscono infatti una valida testimonianza di quelli che furono i freddissimi inverni europei. Senza contare il fatto che proprio dalla letteratura ci arrivano preziosi bollettini meteorologici del passato: temporali burrascosi ed estati un po’ sottotono hanno ispirato l’Estate di Vivaldi, e già Leopardi nello Zibaldone scriveva che “i mezzi tempi non vi son più”.

È indubbio però che a partire dal XX secolo, per cause che sono da imputare interamente all’uomo, si sia registrato un vertiginoso aumento delle emissioni di gas serra dovute a un uso smodato di combustibili fossili. Il clima della Terra è profondamente cambiato, basti pensare che il ritiro dei ghiacciai è ormai un dato di fatto e ogni estate che passa batte il record di “anno più caldo della storia”.

Con ironia, scienza e buona musica, Mercalli e la Banda Osiris hanno trasmesso un chiaro messaggio su quelle che saranno le misure da prendere dopo la ratifica del Trattato di Parigi da parte dell’Europa, impegnata ora a gestire i flussi migratori e la Brexit. “Abbiamo già perso troppo tempo”, ha sottolineato Mercalli, “ma ci sono tutti gli strumenti per poter recuperare”. In conclusione un suggerimento dal suo libro Il mio orto fra cielo e terra: per salvaguardare il proprio benessere e riprendere il contatto con la natura, dedichiamoci alla cura di un piccolo orto.