La notte di Natale del 1365, Marquardo di Randeck faceva il suo ingresso a Udine. Nato da una nobile famiglia sveva al servizio dei duchi di Teck e capace di ottenere favore tanto tra i guelfi quanto tra i ghibellini, Marquardo era da poco stato scelto da papa Urbano IV per ricoprire la carica di Patriarca di Aquileia, il coronamento di una carriera ecclesiastica e militare eccellente. Dopo aver ottenuto la laurea in diritto canonico all’Università di Bologna, era diventato legato imperiale ad Avignone, con l’incarico di cercare una soluzione alla crisi delle relazioni tra l’imperatore e il papa. In seguito era stato appuntato vescovo di Augusta, pur mantenendo un ruolo chiave a fianco dell’imperatore Carlo IV: era con lui durante il viaggio per ricevere l’incoronazione a Roma e venne nominato vicario generale di tutta l’Italia per placare le rivolte anti-imperiali scoppiate nella penisola. Insomma, un diplomatico esperto e di lungo corso, che all’età di 65 anni era chiamato a guidare una Patria da tempo in declino, stretta fra le aspirazioni veneziane e i tradimenti dei conti di Gorizia.
Dal 1238 la Patria non aveva più la sua sede a Cividale, bensì a Udine, ormai da decenni il vero cuore istituzionale del Friuli. Tuttavia, sotto il patriarcato di Marquardo, Cividale visse una stagione di rinnovato potere giurisdizionale, che coincise con un periodo di grande stabilità interna per il Friuli intero. A testimoniare il legame tra l’antica Forum Iulii e il Patriarca svevo è una tradizione in vigore ancora oggi, che si perpetua ogni anno il giorno dell’Epifania: la Messa dello Spadone.
Entrato per la prima volta in città il 7 giugno 1366, Marquardo fece collocare nella cattedrale una spada sguainata, a testimonianza del proprio potere temporale. La spada è conservata ancora oggi nel Tesoro del Duomo di Cividale e porta incisa sulla guardia dell’elsa il nome di Marquardo e la data della sua investitura ufficiale a Patriarca di Aquileia: 6 luglio 1366. Si tratta di un’arma di foggia tedesca, finemente lavorata e cesellata in ottono argentato, lunga addirittura 109 cm e per questo soprannominata «spadone». Oggi come allora, la spada è riposta in una guina di cuoio rivestita di seta bianca, come pare abbia ordinato Marquardo stesso.
Sebbene non vi siano certezze documentate sull’origine e il significato della cerimonia, è facile supporre che la Messa dello Spadone non fosse solo la celebrazione del potere spirituale, ma soprattutto politico e militare del Patriarca, in una sorta di rievocazione dell’atto del suo insediamento. Durante la cerimonia liturgica, infatti, la spada di Marquardo è spesso protagonista, impugnata da un diacono in segno di saluto o benedizione della folla e del clero riunito. Accanto alla spada, tenuta nella mano destra, il diacono porta un Evangelario del XIII secolo nella sinistra e in testa viene ornato da un elmo piumato. La liturgia è accompagnata da antichi canti aquileiesi e celebrata interamente in latino. Secondo gli storici, la cerimonia riprenderebbe i tratti dell’investitura ducale del Patriarca, che si svolgeva usualmente alla presenza di un messo imperiale. Di certo segnava la commistione tra potere spirituale e potere temporale, ribadendo il controllo del territorio e la protezione non solo religiosa, ma anche militare che il Patriarca assicurava alla Patria. Oltre a ciò, pare che il rituale avesse un importante valore politico: in questa occasione, infatti, Marquardo avrebbe convocato a Cividale il Parlamento della Patria del Friuli.
Ormai da qualche decina d’anni, la Messa dello Spadone è diventata occasione per rievocare l’entrata in città di Marquardo di Randeck, attraverso cortei, musiche e costumi d’epoca. Come probabilmente fece 650 anni fa, il Patriarca rientra in città ogni anno accompagnato dai Ministeriali maggiori, passando per Borgo di Ponte, fino a raggiungere la Piazza del Duomo. Qui lo attendono i nobili e i castellani friulani, gli agricoltori, i feudatari e i cittadini, pronti a giurare fedeltà al Patriarca e a consegnargli l’ormai celebra spada. Oggi come allora, la storia rivive: appuntamento al 6 gennaio 2018!
Immagine da: Tracce di Storia del Friuli
Nato a Chioggia il 23 dicembre 1996. Veneto di nascita, con radici istriane, udinese d’adozione. Studia Storia presso la Scuola Superiore dell’Università degli Studi di Udine. Acerrimo nemico dell’indifferenza e terribilmente curioso, assetato di conoscenza, inguaribile ottimista. Alla continua ricerca di qualcosa di cui meravigliarsi. Ama i dipinti di Monet e le poesie di Mario Luzi. Scrive per esplorare, perché non sa farne a meno.