Quando Sebastião Salgado si laureò in economia e statistica probabilmente non si aspettava che a breve sarebbe iniziata la sua carriera come fotografo.

Sarà una missione in Africa ad aprirgli la strada verso questa professione. Nel 1973 infatti realizzerà un reportage sulla siccità in Sahel. Fu uno dei suoi primi lavori incentrati sulla rappresentazione di zone povere del mondo, che continuarono con la guerra coloniale in Angola e Monzambico.

Lavorerà prima presso la Sygma, per poi entrare a far parte della Magnum Photography, una delle più importanti agenzie fotografiche del mondo. Ma nel 1994 lascia anche questa, per creare la Amazonas Images, una struttura gestita da lui stesso e dedicata al suo lavoro.

Da qui inizieranno i suoi viaggi, tra i più lunghi quello in America Latina. Dopo 6 anni uscirà il suo lavoro più importante: La mano dell’uomo, un lavoro dedicato al settore della produzione. Con le sua 400 pagine rappresenta una vastissima opera, tradotta in sette lingue, contiene immagini ospitate in vari musei del mondo.

Salgado rappresenta una figura particolare nel mondo della fotografia, perché approda “tardi” in questo mondo, ma riesce comunque a emergere, diventando in fretta una figura riconosciuta a livello internazionale.

Le sue immagini riguardano principalmente la condizione dei lavoratori nei paesi in via di sviluppo e altri argomenti fortemente legati a condizioni di povertà e altri tempi di attualità.

Salgado amava particolarmente le macchine Leica, una delle marche più prestigiose di fotografia. Per il progetto Genesis decise di portare 600 rullini a formato 220, con un peso complessivo di 30 chili. 

L’immagine in alto è presa appunto da Genesis, uno dei suoi ultimi lavori.

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